(Articolo pubblicato su Il Grottesco, Notiziario del Gruppo Grotte Milano, n. 25, giugno-settembre 1971, pp. 14-15)

QUANDO LA TACCHI E LA ZELBIO DIVENNERO UNO

Dopo i cento metri d'andata ed i cento di ritorno, percorsi la domenica prima, raschiando fango e detriti vani dal soffitto del sifone a monte della Tacchi, disperatamente appeso al sacco super-galleggiante affidatomi, non avevo un'eccessiva voglia di cacciarmi nel sifone che avrebbe dovuto congiungere la grotta Tacchi alla Zelbio. Adriano, militar soldato in licenza straordinaria, mi convince, dicendomi che lui è venuto apposta da Pisa e che in fondo il sifone non può essere molto lungo. Il mio compagno d'immersione sarà poi Giorgio, persona posata ed adatta a recuperare cadaveri della mia mole. Accetto anche perchè convinto che nessuno sarebbe mai riuscito a passare la frana a cui le nostre precedenti spedizioni a valle della Tacchi si erano sempre fermate e passata la quale si sarebbe dovuto raggiungere il sifone di congiungimento, almeno a detta di antichi articoli dei comaschi, che avevano battezzato il lago terminale "Lago Mirko".

Trascorro un ottimo sabato a veleggiare sui laghi mentre Adriano e Paolo Vismara tentano in una spedizione preliminare, di passare la frana portando giù anche una parte del materiale. All'appuntamento a Como domenica 19 settembre 1971 arrivo molto calmo pensando già a come passare in modo piacevole la domenica. Purtroppo Adriano e Paolo, uomini di fede e grande costanza, sono riusciti dopo lunga ricerca a trovare un passaggio attraverso la frana e a raggiungere il celebre lago Mirko. Per alleggerire la spedizione e portare giù solamente una bombola Adriano propone che io mi immerga da solo, dato che il sifone non dovrebbe essere un gran che. Non mi ribello, è troppo tardi. Del celebre romanzo di Giulio Verne "Viaggio al centro della terra" mi sovviene una frase rimastami molto impressa: "un'invincibile paura mi prese e non mi lascio più".

Una valida squadra di appoggio composta da Daniele, Dino e Marina ci aiuta a trasportare il materiale e ci dà il necessario conforto morale e religioso mentre Adriano, Giorgio ed io indossiamo le mute per attraversare il primo laghetto precedente la frana. Adriano bestemmia contro la cerniera della sua muta che non vuole assolutissimamente muoversi mentre io fisso l'acqua e penso a quanto è fredda.

Partiamo. Decidiamo di completare prima l'esplorazione del sifone e di tornare successivamente a fare il rilievo onde alleggerirci un po' del già gravoso carico. La frana non è particolarmente difficile, anche se i massi non hanno esattamente la tendenza alla stabilità. Ci trasciniamo poi le bombole per una fessura abbastanza scomoda - quando ritorneremo, privi di ogni carico per rilevare, scopriremo che un'ampia galleria evita di passare dalla non comoda fessura - ed arriviamo al sifone. Emozione. Il bombolino che sarebbe dovuto servire d'emergenza si rifiuta categoricamente d'aprirsi ed alla fine rinunciamo. Decido di fare una breve immersione di adattamento nel lago prima di affrontare l'esplorazione, ma alla prima boccata mi ritrovo per ragioni non ancora precisate nel sifone. La galleria è larga e la profondità non supera mai i 5 metri, una vera sciocchezza. Mi ritrovo improvvisamente davanti ad una parete, mi guardo intorno e scopro subito di essere già arrivato. Emergo lentamente, quasi per godermi meglio quello che mi aspetta. E mi ritrovo in Zelbio. Riconosco subito la sala ed il carburo lasciato da Alfredo l'anno prima e sento subito la tentazione di mettermi a tirare la sagola per far credere a quelli di fuori che il sifone non è poi così corto come pensavano. Poi penso al prezzo della sagola che dovrà rimanere li a testimonianza dell'avvenuto congiungimento e mi limito semplicemente a fissarla ad un sasso. Ritorno indietro lentamente, godendomi il paesaggio e misurando lungo la sagola i metri percorsi: in tutto solo 25!

Data la semplicità del sifone decidiamo di godercelo tutti e tre e a turno si immergono anche Giorgio ed Adriano. Brindiamo poi col cognac portato per l'occasione ed Adriano commenta: "non c'è gusto, è andato proprio tutto come mi ero immaginato".

Torniamo indietro, lasciamo il materiale al campo base e mentre la squadra d'appoggio esce portandone via gran parte noi torniamo a rilevare il tratto di galleria fino al lago Mirko. Poi solita goduria ed annessi gelori nel levarsi la muta e la risalita.

Abbiamo battuto un record: con una bombola sola siamo riusciti a passare in tre un sifone. Per i posteri un valido esempio di parsimonia.




ROBERTO FRONTINI
(Articolo pubblicato su Il Grottesco, Notiziario del Gruppo Grotte Milano, n. 25, giugno-settembre 1971, pp. 14-15)


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