Dal quotidiano trentino “L’Adige” di oggi Sabato 2 Giugno 2007:
Ambiente – Il Caso
Concluso il processo con l’assoluzione, gli alpinisti attaccano la difesa degli imputati.
La SAT: “Sul Bus del Giaz ci hanno infamato!”
Duro documento a Dellai: “La lezione non è servita”
Articolo scritto da Guido Pasquini
Quelli che avevano denunciato lo scempio ambientale della distruzione del Bus del Giaz, la grotta naturale di ghiaccio riempita di detriti durante i lavori di ampliamento delle piste da sci della Paganella durante il processo a carico della società impiantistica si sono sentiti sul banco degli imputati. Così, chiuso il processo con l’assoluzione, hanno preso carta e penna per ricostruire l’intera vicenda e per ristabilire la verità dei fatti.
Sulla vicenda i membri della commissione speleologica della SAT hanno elaborato un documento di undici pagine, intitolato “Bus del Giaz, Una storia” (il copertina la foto dell’ingresso della grotta con la scritta “Com’era e come non sarà mai più”…) che è stato approvato dal consiglio centrale della società alpinistica e inviato al governatore Lorenzo Dellai, e per conoscenza, agli assessori e consglieri provinciali, al sindaco di Fai Cipriano e a quello di Zambana Moser.
“La SAT, scrive nella lettera accompagnatoria il presidente Franco Giacomoni, si trova obbligata a diffondere questo documneto innanzitutto per difendere il lavoro volontario dei Gruppi speleologici che, da sempre e gratuitamente, mettono a disposizione di tutti i risultati delle loro ricerche e le loro conoscenze. Lo fa inoltre per difendere il proprio onore e buon nome, tenuto conto che di questa bruttissima vicenda sembrerebbe la SAT l’unica responsabile”.
“La vicenda del Bus del Giaz – prosegue Giacomoni – poteva essere, per ogni livello amministrativo e politico, occasione di riflessione per interrogarsi su cosa non ha funzionato nella sfera pubblica e privata, se non si è visto o si è voluto non vedere, perchè non si sia parlato o perchè non si sia voluto o potuto parlare. Dalla vicenda non è scaturita, almeno pubblicamente, nessuna analisi, nessun provvedimento volto a far si che vicende simili non abbiano a ripetersi”.
Nel documento gli speleologi partono da un exscursus storico sulla grotta, catalogata con il numero 187 nel catasto triestino che ne annovera 1723. Il Bus del Giaz venne scoperto nel secolo scorso sul finire degli anni venti, da Giovanni Battista Trener.
Già nel 1986 – 87 in Paganella venne distrutta un’altra grotta, la “Busa della Neve”, riepita di detriti perchè perchè in prossimità degli impianti da sci. E nel 1992 in un articolo sulle escursioni intorno a Trento pubblicato da “Il Trentino”, la rivista ufficiale della Provincia Autonoma, il Bus del Giaz viene citato. “Ha quasi il sapore di una beffa”, si scrive nel documento della SAT, “il fatto che l’articolo compaia sulla rivista ufficiale dela Provincia Autonoma di Trento, la stessa che anni dopo negherà di essere stata a conoscenza del Bus del Giaz”.
Poi la cronistoria della distruzione della grotta che parte dal 30 giugno 2004 quando, durante i lavori di allargamento delle piste da sci “Andrea Borsato, geologo del Museo Tridentino di Scienze Naturali, avverte l’ing. Farina, responsabile della direzione lavori per la società Paganella 2001 spa, dell’esistenza del Bus del Giaz e propone di chiudere l’ingresso con un chiusino e una botola in cemento, in modo che sia possibile accedervi”. “Borsato”, si legge nel documento, “ricorda all’Ing. farina della vicenda del Bus della Neve e dei problemi causati dalla sua distruzione. L’ing. Farina si mostra disponibile a valutare la cosa, ma poi la grotta viene ugualmente riempita con detriti”.
I lavori però proseguono, la grotta viene distrutta nonostante un’ondata di sollevazione popolare, partono le denunce ma il processo si chiude con l’assoluzione.
E’ adesso? “Seppellito da tre metri di manto detritico, con l’ingresso mozzato, il Bus del Giaz – scrivono gli speleologi della SAT – mostra di avere la scorza dura e da in continuazione segni di vitalità . Pregressivamente la pressione dei detriti incide sul deposito nivoglaciale e sprofonda: la conseguenza è che si aprono diverse buche, profonde fino a 10 metri, nel terreno. Nelle foto scattate nell’aprile 2007 si notano le barre di ferro (larghe 20 cm) poste in loco dagli impiantisti per sostenere i detriti. Non bastano però a sostenere i peso e ad impedire in progressivo sprofondamento. Sarà banale dirlo, ma naturalmente le barre di ferro sono state posizionate dagli impiantisti senza alcuna autorizzazione, con buona pace del Decreto Galasso. Da notare che, cosa gravissima, i successivi riempimenti sono stati fatti dopo che la notizia della distruzione della grotta era già ampliamente trattata dai giornali. In totale disprezzo alle leggi vigenti e alla sensibilità delle moltissime persone intervenute nel dibattito in Trentino e nel resto d’Italia”.
L’ultimo sassolino dalle scarpe gli speleologi vogliono toglierselo nei confronti della difesa dei due imputati, accusata di aver tenuto durante il processo “un atteggiamento infamante nei riguardi della SAT”.
“La difesa – si denuncia – ha accusato più volte la SAT di essere gelosa dei suoi dati catastali, di negligenza nel non aver comunicato all’ente pubblico i dati e, in sostanza, di aver tenuto nascosto per settant’anni il Catatsto Speleologico. In sede di giudizio nessuno ha difeso la SAT da queste false accuse, visto che ne SAT, ne Societò Speleologica Italiana si erano costituite parte civile”.
A chiudere il documento, amarezza mista a rassegnazione “al di la di quelli che saranno i successivi pronunciamenti della magistratura, è comunque certo che le persone più sensibili e più attente una sentenza di condanna l’hanno già emessa, stanchi, tra l’altro, di sentire roboanti sulla salvaguardia del territorio per assistere poi a vicende come questa che abbiamo illustrato e denunciato.”
L’articolo dell’Adige può essere consultato a questo indirizzo: http://www.trentinoservice.it/mix/giaz5.jpg
Altre notizie apparse su internet e sulla scintilena sulla vicenda potete trovarle direttamente sul motore di ricerca “google speleologia“