Notizia del Corriere dell’Umbria di venerdì 18 aprile 2003, pag. 12 di Rita Boini
Speleologi, ambientalisti ed escursionisti sono contrari all´intervento
“Portare la gente con le navette su strade montane non può costituire un modello di sviluppo”
COSTACCIARO – Per Marcello Migliarini presidente del Cai di Gubbio, il progetto è inutile, la spesa
(era previsto un investimento di un miliardo e ottocento milioni di vecchie lire che nell´ultima stesura sono saliti a circa due miliardi e duecento milioni) è sproporzionata rispetto agli eventuali utili, inoltre vi sono timori per l´impatto ambientale. Per accedere ad uno degli ingressi si deve passare per un´antica faggeta, grotte come quelle di Frasassi sono accessibili senza passare per boschi antichi. Ubaldo Scavizzi, consigliere della Comunità montana per i Verdi ma anche, ci tiene a sottolinearlo, geologo e guida escursionistica regolarmente iscritto ai relativi albi, dice che per portare la gente, seppure con le navette, sulle strade montane non costituisce un modello di sviluppo. Il progetto è stato fatto senza coinvolgere CAI, gruppi speleologici, cooperative che lavorano sulla montagna e che la conoscono bene. Parlavecchio, presidente regionale dei Verdi, dice che lo sviluppo economico e turistico del parco non deve per forza svolgersi all´interno di esso, ma strutturarsi con una serie di iniziative e postazioni tutt´attorno. Roberto Salvatori, presidente della Cooperativa Dìantene, sottolinea tra l´altro come non siano necessarie due entrate, basta quella già esistente. La seconda, dice, non è mai stata un´entrata, ma soltanto un pertugio, uno dei tanti che si trovano nelle grotte carsiche. Molti sono i motivi per cui non si trova d´accordo con il progetto, non il fatto in sé dell´apertura ai turisti, ma l´approccio esclusivamente utilitaristico nei confronti dell´ambiente; teme per l´ecosistema ed anche, dice, che il parco si trasformi in un “parco-giochi”.
Alberto Sorbini, antropologo ed esperto di storia e problemi del turismo afferma che una buona programmazione turistica oggi passa per un marketing del territorio per così dire integrato, ambiente, arte, prodotti tipici. Montefalco ne è un esempio splendido, 20 anni fa i turisti andavano a vedere Benozzo Gozzoli ed erano un´èlite, oggi molti vanno a Montefalco per il vino e la gastronomia e passano anche a vedere le opere di Gozzoli. Oggi è cambiato il modo di fare turismo, chi arriva in un luogo di visita visita i monumenti, ma vuole anche i prodotti, i vini, è un turismo molto equilibrato. Un tempo non esisteva un tipo di turismo che rischiava di distruggere nel senso che paventiamo noi, i grandi viaggiatori erano pochi, era materialmente impossibile. Però questi grandi viaggiatori consideravano gli indigeni come incivili, saccheggiavano i luoghi dove passavano.
Trollope nel 1861 scriveva che a Gubbio tutto era in vendita ed acquistabile, da viaggiatori e da mercanti. Il turismo è sempre stato anche un incontro/scontro tra culture, ha creato trasformazioni radicali rispetto a persone e luoghi. Talvolta anche fenomeni positivi: è capitato che attraverso il turismo alcune culture hanno preso consapevolezza delle loro tradizioni, hanno iniziato a conservarle, a proteggerle, hanno preso coscienza della loro storia. Per contro c´è sempre il rischio che tutto diventi turistizzato. Ad esempio i Toraya, un popolo che vive in Indonesia, celebravano la sepoltura dei loro defunti quando erano riusciti ad acquistare una certa quantità di maiali e bufali da uccidere, con una cerimonia anche cruenta, cui seguiva una libagione collettiva. Il turismo ha portato ad un fenomeno, anche incoraggiato dal governo che finanzia per questo i Toraya: la cerimonia si fa non quando si ha il bestiame necessario, ma quando ci sono i turisti, a loro uso e consumo.
Rita Boini