Storia di una fruttuosa collaborazione tra speleologi e archeologi per la ricerca della preistoria nel Lazio.

Foto di gruppo degli speleologi dello Shaka Zulu e degli archeologi di Tor Vergata
Foto di gruppo degli speleologi dello Shaka Zulu e degli archeologi di Tor Vergata

Sono stati presentati al raduno internazionale di speleologia “Strisciando 2.0? a Lettomanopello, i risultati della decennale collaborazione tra la cattedra di Archeologia Preistorica dell’Università “Tor Vergata” di Roma e il gruppo speleologico Shaka Zulu Club di Subiaco. Il complemento delle competenze degli speleologi e degli archeologi nelle ricerche eseguite nel Lazio all’interno della Valle dell’Aniene, sull’Appennino interno e lungo la costa, ha condotto a scoperte anche di rilevanza internazionale.

Tutto comincia quasi per caso nel 2002. Durante le esplorazioni speleologiche del gruppo Shaka Zulu alla grotta Mora Cavorso (Jenne – RM), si riesce a superare il passaggio che dalla prima sala conduce agli ambienti interni. Qui vengono ritrovati reperti archeologici ed ossa umane. Viene subito allertata la Soprintendenza di competenza ma la segnalazione non ha seguito per un lungo periodo. Nel 2003 lo Shaka Zulu scopre le sale interne con rilevanti reperti archeologici, i quali sono stati correttamente segnalati alla Soprintendenza e consegnanti a Don Romano, l’allora curatore del museo di Santa Scolastica. Nel 2006 la Soprintendenza decide di avviare gli scavi archeologici, a cura del Prof. M. F. Rolfo,che insieme agli speleologi stabiliscono un piano di ricerca archeologica e speleologica della cavità.

Le ricerche congiunte portano alla scoperta di un deposito con più momenti di frequentazione della preistoria: un sepolcreto datato al Neolitico (circa 6.000 anni fa) caratterizzato dal rinvenimento di un totale di 28 individui; un luogo di culto datato all’Eneolitico (Età del Rame, circa 4.000 anni fa) al di fuori delle sale interne; una frequentazione del Paleolitico consistente in un lupo in connessione anatomica che è stato datato a 40.000 anni fa, il cui DNA è in studio presso l’Università di Trento. Grazie al fondamentale aiuto degli speleologi è stato possibile realizzare numerose pubblicazioni di ambito scientifico che vedono come primo nome il gruppo della cattedra di Archeologia Preistorica in collaborazione con altri studiosi italiani ed esteri di Antropologia, Biologia, Paleontologia, Paleobotanica ed Archeozoologia.

La grotta è ancora in esplorazione alla ricerca di nuovi ambienti, mentre gli scavi proseguono per recuperare ulteriore materiale di interesse archeologico.
Da questa esperienza si è sviluppata una collaborazione continua tra i due gruppi, tuttora attiva, durante la quale sono state ispezionate 35 cavità nel territorio laziale. Tra le più importanti figurano Grotta La Sassa, le Grotte di Pastena e Grotta Guattari.

Proiezione del video sugli scavi a Grotta La Sassa
Proiezione del video sugli scavi a Grotta La Sassa

Grotta La Sassa è situata in provincia di Latina. È stata individuata da cittadini locali nel 2014 ed esplorata dallo Speleo Club Roma e dal Gruppo Grotte Castelli Romani, che hanno segnalato ossa fossili e frammenti ceramici protostorici. I reperti sono stati segnalati alla Soprintendenza, e nel 2015 sono stati avviati gli scavi archeologici in collaborazione con l’Università olandese di Groningen. Dalle ricerche è emerso che la cavità è stata utilizzata nelle varie epoche per scopi diversi. Alcune monete negli strati superficiali indicano un utilizzo come rifugio durante la Seconda Guerra Mondiale. I resti di diciotto individui umani negli strati intermedi caratterizzano un luogo di sepoltura dell’Eneolitico. Infine, negli strati più bassi, ossa di iena e di orso fanno intendere che sia stata utilizzata come tana di predatori circa 40.000 anni fa. In uno stretto passaggio esplorato dagli speleologi è stato ritrovato un poppatoio, un contenitore per il latte, vicino ad ossa umane di un individuo di circa 2 anni di età.

Le Grotte di Pastena, sui monti Ausoni, in provincia di Frosinone, sono state interessate dagli scavi archeologici dal 2012. Di particolare interesse sono un’area della grotta adibita a luogo di culto dell’età del Bronzo e la presenza di semi combusti, forme di ceramica ed elementi in bronzo. Tale area si trova in posizione sopraelevata, di difficile accesso per gli archeologi, individuata grazie all’aiuto degli speleologi.

Presentazione dei lavori svolti a Grotta Guattari
Presentazione dei lavori svolti a Grotta Guattari

Presso Grotta Guattari, a San Felice Circeo in provincia di Latina, viene ritrovato nel 1939 un cranio di uomo di Neanderthal risalente a circa 53.000 anni fa. Il cranio meglio conservato al mondo. La presenza di diversi reperti di animali in superficie fa pensare che la grotta sia stata una tana di iene. Nel 2018 la Soprintendenza in collaborazione con la Cattedra di Archeologia Preistorica, in occasione degli 80 anni dalla scoperta dell’importante resto umano, ha voluto attivare un progetto di ricerca e valorizzazione della cavità. Grazie agli speleologi, in collaborazione con l’I.N.G.V., sono state indagate le testimonianze relitte delle spiagge fossili presenti al di sotto delle concrezioni. Questa scoperta ha permesso di datare con sicurezza l’intero deposito della grotta di oltre 1,5 m di spessore.

Il prof. Mario F. Rolfo è ricercatore e docente di Preistoria dal 1991 presso l’Università degli Studi di Roma Tor Vergata, specializzato sulla Geo Archeologia dei Colli Albani e sulle dinamiche di formazione dei depositi archeologici in cavità naturali. Ha curato la parte di Preistoria e Protostoria del Museo Civico di Velletri e dal 2018 collabora con la Soprintendenza per la ricerca e valorizzazione del sito di importanza mondiale di Grotta Guattari.

Le attività del gruppo Shaka Zulu oggi

Presentazione delle attività svolte dallo Shaka Zulu
Presentazione delle attività svolte dallo Shaka Zulu

Il gruppo speleologico Shaka Zulu Club di Subiaco nasce nel 1986 dalla volontà di tre giovani ragazzi di esplorare le grotte delle zone limitrofe, cominciando da Pozzo della Creta Rossa a Fondi di Jenne. Questo è uno dei primi abissi conosciuti in quel periodo che arriva ad una profondità di circa 100m. Da allora il gruppo ha esplorato e documentato circa 200 cavità tra i monti Simbruini, Ernici ed Affilani.
Attualmente l’attività del gruppo è concentrata principalmente verso le scoperte più recenti: Piccola Creta, Grotta Daniel e Pozzo Doli. Piccola Creta è un “buco” scoperto a fine anni ‘80 molto vicino a Creta Rossa. I lavori cominciati nel 2013 hanno portato ad una profondità attuale di 150m. Dopo i primi piccoli ambienti e pozzetti, lo sviluppo principale è dato da un grande pozzo di circa 100m diviso a metà da un terrazzamento dal quale parte una diramazione.

Presentazione delle esplorazioni dello Shaka Zulu a Grotta Daniel
Presentazione delle esplorazioni dello Shaka Zulu a Grotta Daniel

Grotta Daniel è stata dedicata alla memoria di Daniel Paharnicu, un amico speleologo esperto e molto attivo che ci ha lasciato nel 2018. Situata nei pressi della vetta del monte Autore ad una quota di 1.580m s.l.m ha uno sviluppo su frattura. Diversi passaggi stretti conducono al fondo attuale ad una profondità di circa 40m.

Pozzo Doli si trova presso monte Livata, a 1.380m di altitudine. Prende il nome dalla dolicopoda, un insetto tipico delle grotte. La sua scoperta infatti è dovuta ad un esemplare avvistato nelle vicinanze di un foro nel terreno. I primi scavi hanno condotto, tramite uno scivolo di fango, ad una prima saletta che tramite una piccola finestra porta in un secondo ambiente ricco di concrezioni. Da qui partono i due pozzi paralleli che rappresentano la principale estensione della grotta. Conducono rispettivamente ad una profondità di 120m l’uno e 160m l’altro. Caratteristici di questa grotta, oltre la varietà degli speleotemi come stalattiti, stalagmiti, colonne, vele e broccoletti, anche gli strati carbonatici e vulcanici ben distinti. Data la particolarità è stato prodotto anche un video documentario che tratta della scoperta, l’esplorazione e l’importanza di questa grotta per il territorio.

Queste esperienze testimoniano come attività che potrebbero sembrare contrapposte ed in conflitto tra loro, come l’esplorazione speleologica e la ricerca archeologica, possono invece coesistere e addirittura completarsi. Le capacità esplorative degli speleologi hanno consentito agli archeologi di individuare e raggiungere luoghi delle grotte che altrimenti sarebbero stati trascurati. Il dialogo con gli archeologi e la partecipazione alle campagne di scavo ha dato agli speleologi una maggiore sensibilità nel rispetto di quei luoghi che custodiscono silenziosamente millenni di storia.

Angelica Ferracci
Giuseppe Bosso
(Shaka Zulu Club – Subiaco)

Risorse esterne:

MIS 9 to MIS 5 terraces along the Tyrrhenian Sea coast of Latium (central Italy): Assessing interplay between sea-level oscillations and tectonic activity
Effect of Neolithic transition on an Italian community: Mora Cavorso (Jenne, Rome)
Reassessing human occupation patterns in the inner central Apennines in prehistory: The case-study of Grotta Mora Cavorso
New investigations at the Cave of Pastena (Frosinone). Report 2012
La Grotta Mora Cavorso a Jenne (Roma). I livelli dell’antica-media età del Bronzo

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