Recente eccezionale scoperta compiuta in Sicilia, grazie alle analisi effettuate su una grande giara dell’Età del Rame rinvenuta in una grotta del Monte Kronio, a Sciacca (Agrigento).
A rivelare la presenza di vino, sono state i residui di acido tartarico la cui datazione ci porta a quasi 6 mila fa, quindi a qualche millennio prima della produzione vinicola identificata in Sardegna nel 2016 grazie alle tracce conservate su un torchio in pietra dell’Età del Ferro (900-750 a.C.) rinvenuto nel 1993 a Monastir in provincia di Cagliari, e prima dei vinaccioli datati 1.200 a.C. ritrovati nel 2015, sempre in Sardegna, negli scavi di Sa Osa nel comune di Cabras (Oristano).
A compiere la nuova scoperta è stato un gruppo internazionale di ricerca coordinato dall’archeologo Davide Tanasi dell’Università della Florida Meridionale, a cui hanno preso parte anche il Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr), l’Università di Catania e gli esperti della Soprintendenza ai Beni Culturali di Agrigento.
Finora si era ipotizzato che la viticoltura e la produzione di vino in Italia fossero cominciate nell’Età del Bronzo. La scoperta, pubblicata su Microchemical Journal, dimostra invece che la produzione risale a 2000 anni prima. I residui chimici individuati nella giara di Monte Kronio, risalgono infatti al IV millennio avanti Cristo. La terracotta non smaltata del recipiente è riuscita a conservare le tracce di acido tartarico e del suo sale di sodio, che si trovano naturalmente negli acini d’uva e nel processo di vinificazione.