Il Gruppo Grotte Schio CAI comunica alla comunità speleologica la ” scoperta” del 4° ingresso del Sistema Sotterraneo RANA-PISATELA.

di Cesare Raumer


Mercoledì 3 Aprile 2024, i due speleo più accaniti nel tentare la giunzione sono riusciti finalmente ad intersecare la regione più alta ed estrema del Ramo Carnevale, un ramo in risalita nella Grotta della Pisatela, che inizia proprio a ridosso della Sala della F-RANA nell’area del complesso che ha consentito, nell’ormai lontano 2012 dopo un durissimo lavoro di scavo effettuato congiuntamente tra gli speleo di Schio e Malo, la giunzione delle due grandi grotte, portando la rete di gallerie ad uno sviluppo complessivo di quasi ormai 41 km .

L’epilogo di questa straordinaria avventura ha radici molto lontane.

A questo punto mi sembra bello raccontare la storia in prima persona. Almeno una quindicina di anni fa con un paio di miei compagni speleo scledensi, Flaviano Masetto ” el Mase” e Car- lo Cadaldini, entravo in Pisatela in una rigidissima giornata di freddo polare invernale.

Faceva davvero molto freddo, tanto che la forte corrente d’aria gelida entrante ci accompagnò giù quasi fino alla gigantesca Sala dell’Orda.

L’obbiettivo di quel giorno era esplorare il Ramo Carnevale, in particolare le regioni sommitali finali.

Dopo la gigantesca Sala delle Mogli, ed il Lago Lungo arrivammo così alla partenza del ramo.

Una discreta aria proveniva dal meandro di accesso. Bene! Un viatico interessante nella prospettiva di trovare qualche prosecuzione.

Così, con una certa fatica per via delle ristrettezze di alcuni tratti e anche per la presenza di abbondanti “pennellate” di fango su molte zone del meandro raggiungemmo una saletta costituita da un camino di 6/7 metri di altezza il cui vertice risultava tappato, come un igloo, da alcuni massi.

Ma la cosa che ci colpì fu la grande quantità di aria gelida e ghiacciata che piombava dall’alto: ma come, ci siamo detti, siamo fuori???

A qualche metro di altezza nella saletta, sempre nella direzione principale del ramo, un breve meandrino finiva, dopo qualche metro, in una fessura verticale, assolutamente intransitabile.

Uhmm…”finiva”? Mai dire mai ragazzi, ma questo lo scoprimmo solo molti anni dopo.


E così questa storia dell’aria ghiacciata ci restò in testa a me ed al Mase come un tarlo.

Da dove veniva, dov’era il punto esterno, da dove filtrava tutta quell’aria?
Così ogni tanto io ed il mio compagno battemmo l’area boschiva soprastante, aiutati ovviamente anche dallo studio topografico della sottostante cavità.

Abbiamo impiegato svariate decine di ore in queste perlustrazioni, cercando di sondare anche il più piccolo pertugio.

In parecchi tratti la zona diventa difficile per muoversi agevolmente per via di un esteso intrico di rovi con spine lunghe un dito ed erbacce alte anche un metro.

Le abbiamo pensate tutte per risolvere il problema, anche il napalm….

Alla fine, dopo positive esperienze di casi più o meno simili, abbiamo pensato di utilizzare l’ARVA, quel dispositivo intelligente che serve a trovare i dispersi sotto le valanghe di neve.

Così un giorno di un paio di anni fa una coppia di speleo del GGS si portava in cima al Ramo Carnevale, munita di uno strumento Arva in funzione “send”, cioè di invio del segnale radio.

Misero lo strumento proprio in fondo al meandrino famoso che terminava in fessura, praticamente solo la traccia di una diaclasi verticale, e rimasero ad aspettare per un tempo convenuto.


Io ed il Mase, dall’esterno, con un altro paio di amici sondavamo ogni luogo possibile.

In un primo momento l’arva dava si un certo segnale, ma la distanza rilevata segnava una cinquantina di metri.

Non era possibile! Troppo.


Qualcosa non stava funzionando. Così a forza di girare a vuoto tra i rovi (sic!) decido di cambiare versante della vallicola in cui ci eravamo ficcati.

Scendo dal versante e l’arva mi dà 40m.

Uhmm, buono. In pratica mi dirigo nella direzione opposta di prima. Chiamo i ragazzi avvertendoli della novità e proseguo.

L’arva mi dà dà 35…poi 30…poi 25…poi 20.

Di qua ragazzi, di qua! Continuo nella stessa direzione ora su un breve pianoro alberato. 15 metri…10 metri!!

Ragazzi muovetevi, venite qui!!!
Comincio a girare in tondo, raggiungo il versante del bosco qui del tutto privo di rovi per fortuna.

Alla fine l’arva mi segna 5 metri. 5 metri??? Solamente? Non ci possiamo credere.

Sotto di noi un normale suolo boschivo coricato su un versante con una generosa pendenza, ma costituito semplicemente da erbetta, fiori, foglie secche e qualche pietra.

Il frenetico bip bip dello strumento non lasciava dubbi: i ragazzi sono qui sotto.

Non ci sono rocce, solo qualche pietra appunto. Siamo tutti qui ra- dunati. Zitti! dico loro.

Prendo il mio martello speleo e lo batto su una pietra un po più grossa delle altre nel prato.

Da sotto udiamo un flebile ma chiaro toc toc di ritorno.

Ripeto il gesto e di nuovo lo stesso tam tam da sotto. Yuhu-hu!!!

Abbiamo stabilito finalmente un contatto! Non ci possiamo credere.

I ragazzi sono effettivamente appena (si fa per dire) sotto un sottile lembo di pelle di questa meravigliosa grotta che sta sotto.

La Pisatela è arrivata quasi fuori, ma non proprio fuori e questo era effettivamente un problema.

Cosa fare? Non è stato facile decidere se iniziare lo scavo o no. 5 metri di spessore sembrano pochi ma in realtà sono tanti, lo avremmo scoperto dopo, man mano che il lavoro procedeva.

Per prima cosa abbiamo chiesto il permesso al proprietario del bosco, che per fortuna è stato contento di darcelo.

Poi ci siamo messi, in 3/4 compagni a fare il classico lavoro dei condannati di Yuma: scavare bisogna!!!

Individuato il punto focale esatto abbiamo cominciato ad evacuare il materiale.

Dapprima terra, molta terra e sassi, poi la terra sempre meno a favore di un pietrisco sempre più corposo.

Nel corso delle uscite, molte anche diradate nel tempo, abbiamo assistito a crolli, reinterramenti, risvuotamenti, di tutto.

Quando assistevamo ad un periodo di forti piogge trovavamo poi il buco mezzo collassato. Tutto da rifare.

Insomma, una situazione davvero deprimente e demotivante. Bisognava cambiare registro.

I motori mai spenti di tutto questo lavoro restavamo comunque io ed il Mase, aiutati però, a turno, da 2/3 grandi amici.

Il loro apporto è stato veramente determinante per il raggiungimento dell’obbiettivo: la giunzione col sottostante Ramo Carnevale.

Questi amici rispondono al nome di Simone Valmorbida, Massimo Pasqualotto e Moreno Girotto ” El Morejo”.

Hanno contribuito, anche se molto più sporadicamente, anche alcuni altri speleo del GGS.

In definitiva, bisogna dire che senza l’apporto di tutto questo manipolo di speleo avremmo fatto ben poca strada.

Cambiare registro significava dover mettere in protezione lo scavo, cioè costruire una struttura metallica di protezione a 360°.

La cosa ci ha portato via parecchio tempo (e danaro) ma si è ri-velata vincente.

Soprattutto ci ha permesso di lavorare in sicurezza, senza alcun pericolo di frane.

L’abbiamo costruita con la convinzione che saremmo riusciti infine a sfondare l’ultimo diaframma della giunzione ed in più con l’ottica che l’opera dovesse durare nel tempo.

E così sarà certamente per molti decenni a venire.

Ieri io ed il Mase eravamo proprio felici quando ripercorrevamo quei bellissimi luoghi che ormai si stavano sbiadendo nei bui recessi della nostra memoria.

Stavamo infilandoci nel ramo dalla parte inversa, da non crederci! E la morfologia del ramo è ancora più bella di come ce la ricordavamo…..

Insomma, un bel risultato, specialmente nell’ottica delle prospettive esplorative e di ricerca future che ora si sono aperte.

Dalla Sala della F-RANA verso monte ma specialmente a valle nel BUSO DELLA RANA ci sono molti punti da scandagliare (ad esempio la Sala della Foglia: dove va veramente a finire l’aria che la percorre?) e molti altri luoghi ancora da vedere bene.

Dall’INGRESSO CARNEVALE, (si chiama così ora questo 4° nuovo ingresso) si arriva nel cuore del sistema senza alcun pozzo armato con corda.

Ottimo! Si potrà indagare il regime di piena delle acque che percorrono il sottostante fiume in un’ottica di relativa sicurezza.

Abbiamo appurato che qui le piene sono davvero mostruose.

Parecchi speleo, di tanto in tanto, anche da diverse parti d’Italia, vengono qui in Veneto nell’Alto Vicentino a fare la meravigliosa (ma non proprio facile) traversata integrale del sistema.

In caso di eccessivo affaticamento ora qualcuno se la potrà cavare a buon mercato, a metà strada, uscendo dal Ramo Carnevale (che è senza pozzi!) o comunque lo stesso potrà costituire l’obbiettivo di un’altra versione di traversata vera e propria.

Questo quarto nuovo ingresso (gli altri, lo ricordo, sono il gigantesco ingresso del Buso della Rana vero e proprio, l’ingresso del Buso della Pisatela (grotta che solo pochi giorni fa è stata teatro di un incidente speleologico, risoltosi, per fortuna senza (quasi) grossi danni per il malcapitato) e l’ingresso del Pater Noster che con il suo pozzo iniziale di 50m costituisce l’entrata più alta e remota del sistema) costituisce una svolta importante per una futura e più approfondita esplorazione e conoscenza del mondo che c’è sotto.
E non sarà l’ultimo……

Raumer Cesare, GGS CAI.

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