Il Gruppo Speleologico Dauno di Foggia Documenta Strumenti di Scavo e Incisioni Storiche
Il territorio di Agrigento custodisce un patrimonio sotterraneo di grande bellezza formato da un vasto sistema di cunicoli, i cosiddetti “ipogei”, scavati nel V secolo a.C. e destinati all’approvvigionamento idrico dell’antica Akràgas (l’attuale Agrigento).
In questo contesto, il Gruppo Speleologico Dauno di Foggia ha avviato un’indagine mirata alla documentazione degli strumenti di scavo utilizzati dagli operai 2.500 anni fa.
Dopo aver ottenuto il permesso dal comune di Agrigento, il gruppo ha iniziato la ricognizione dall’ipogeo di Bonamorone, che alimenta l’omonima fontana e si estende per circa 900 metri di gallerie.
Successivamente, l’indagine si estenderà ad altri complessi ipogei presenti nello stesso territorio.
Attualmente, oltre a documentare fotograficamente e in video lo sviluppo sotterraneo dell’ipogeo, il gruppo ha iniziato a registrare le tracce lasciate dagli utensili utilizzati per lo scavo.
Utilizzando macrofotografie e calchi, queste tracce verranno confrontate con quelle presenti in altri ipogei per verificare se la stessa tipologia di utensili sia stata adoperata anche per altri scavi.
Le tecniche di comparazione utilizzate sono simili a quelle impiegate dalla polizia scientifica.
Durante i sopralluoghi, il gruppo ha documentato anche la presenza di fossili inglobati lungo le pareti e le nicchie dove gli operai riponevano le lucerne per l’illuminazione.
Inoltre, sono state scoperte varie incisioni sulle pareti, non segnalate e non documentate dagli studiosi del sito.
Tra queste, una croce in bassorilievo con incisa la data 17?? è stata documentata con macrofotografie.
Le altre incisioni e disegni vari, risalenti al 14?? e 11??, sono ancora da documentare. Molti risultano coperti da una sottile patina calcarea, ma saranno facilmente leggibili con l’uso di tecniche scientifiche appropriate.
Questa documentazione sarà messa a disposizione degli studiosi per le loro ricerche storiche.
Il lavoro del Gruppo Speleologico Dauno rappresenta un importante contributo alla conoscenza e alla conservazione del patrimonio storico e archeologico di Agrigento, offrendo nuove prospettive di studio e approfondimento sugli ipogei e sulle tecniche di scavo utilizzate nell’antichità.
Breve descrizione dell’ipogeo di Bonamorone
L’ ipogeo di Bonamorone, tra quelli presenti nel territorio di Agrigento è rimasto quasi intatto dal tempo della sua realizzazione.
Questi cunicoli idraulici vennero realizzati intorno al 500 a.c. dai prigionieri cartaginesi catturati durante la battaglia di Himera.
La battaglia di Himera è ricordata come lo scontro tra Tiranni di colonie greche per la ricerca di uno sbocco sul Tirreno: da una parte Terone di Akràgas e Gelone di Siracusa, dall’altra Turillo di Himera.
Turillo spodestato e desideroso di riconquistare il potere chiese l’aiuto dei cartaginesi, che sbarcati sull’isola furono clamorosamente sconfitti ad Himera.
I cartaginesi catturati furono in seguito utilizzati come schiavi al servizio del Tiranno di Akràgas, proprio per la realizzazione degli ipogei dell’antica città.
Lo scopo di queste opere era sostanzialmente, come dimostrato dagli archeologi, quello di recuperare ed incanalare in cisterne la poca acqua presente nel territorio, in modo da avere una riserva durante i periodi siccità.
L’attuale ingresso dell’ipogeo di Bonamorone è ubicato in via Artemide all’interno di un piccolo immobile di proprietà del comune di Agrigento.
Questo primo tratto della galleria, circa 250 m, venne consolidato a fine ottocento con blocchi di tufo squadrati, molto probabilmente per evitarne il crollo, dopo questo tratto inizia la galleria originale a sezione rettangolare.
Lungo il percorso sono presenti dieci pozzi di aerazione, comunicanti con la superficie, il più profondo è di circa 30 m, questi pozzi, oltre all’aerazione, permettevano una più facile manutenzione dei cunicoli.
Foto e relazione a cura di Soccio Natalino, Mariella Calcara e Francesca Costanza del G.S.D.
Pianta dell’ipogeo a cura di Giuseppe Lombardo ed Eugenio Vecchio.