Ritrovamento straordinario nella Villa romana di Civita Giuliana
Si apre una finestra nel passato di Pompei grazie alla tecnica dei calchi
Articolo di Marina Abisso
Il 20 agosto scorso, un comunicato stampa del Parco Archeologico di Pompei ha svelato una scoperta straordinaria avvenuta nella villa romana di Civita Giuliana, situata a soli 600 metri dalle antiche mura di Pompei.
Attraverso la tecnica dei calchi, un metodo utilizzato di rado, sono emersi importanti dettagli sulla vita dei servi e degli schiavi nell’antica Roma, in particolare durante il periodo precedente all’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C.
La scoperta e gli scavi iniziali
La villa fu scoperta e parzialmente scavata per la prima volta negli anni 1907/1908, quando era conosciuta come “villa Imperiali”. Purtroppo, molti reperti furono distrutti durante il bombardamento del sito nel 1943.
Nuovi scavi e saccheggi illegali
Scavi più recenti sono in corso dal 2017, quando il Parco Archeologico di Pompei ha collaborato con le autorità locali per indagare sugli scavi illegali.
Si è scoperto che i proprietari di una casa vicina avevano creato una rete sotterranea di cunicoli per saccheggiare la villa, portando via affreschi e reperti preziosi.
Scoperte inaspettate
Durante gli scavi più recenti, a fine 2021, sono emerse molte scoperte sorprendenti, tra cui una stalla con il calco di un cavallo, un carro cerimoniale decorato con medaglioni e applique in argento e bronzo, e le impronte di due vittime dell’eruzione del Vesuvio.
È emerso il cosiddetto l’ambiente C, in cui erano presenti tre brande, e che fungeva anche da ripostiglio.
Anfore, il meccanismo di sterzo di una carrozza, una scatola con il finimento dei cavalli: dormire, lavorare, riporre: tutte queste attività si svolgevano in questa stanza.
La “stanza degli schiavi” e la tecnica dei calchi
Ora, una delle scoperte più significative: la “stanza degli schiavi” di Civita Giuliana, che fornisce una visione unica delle condizioni di vita degli schiavi nell’antichità.
Questa stanza era utilizzata sia come camera da letto che come ripostiglio.
Questo, grazie alla tecnica dei calchi che, utilizzata per la prima volta nel 19° secolo da Archeologi, ha permesso di svelare dettagli dell’arredo di una stanza assegnata agli schiavi, ora denominata “ambiente A”, che offre un’affascinante panoramica sulla gerarchia sociale all’interno della servitù dell’epoca romana.
L’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. ha ricoperto materiali come mobili, tessuti e persino corpi di vittime con una nube piroclastica, trasformandoli in terreno solido.
La materia organica decomposta ha lasciato vuoti nel terreno: gli Archeologi li hanno riempito con gesso per rivelare la forma originaria, potendo così ricostruire nel dettaglio l’arredo della stanza.
La gerarchia tra schiavi
La recente scoperta ha rivelato una notevole differenza tra l’ambiente A e l’ambiente C, precedentemente conosciuto.
L’ambiente A sembra indicare una chiara gerarchia tra gli schiavi.
Uno dei due letti trovati era molto semplice e sprovvisto di materasso, simile a quelli del 2021, l’altro era di tipo più confortevole e costoso, un “letto a spalliera”.
Si osservano ancora tracce di decorazioni rosse su due delle spalliere. Oltre ai letti, nell’ambiente appena scoperto si trovano due piccoli armadi, anch’essi conservati come calchi, una serie di anfore e vasi di ceramica, insieme a diversi attrezzi, tra cui una zappa di ferro.
Un microscavo delle anfore e dei vasi provenienti dall’ambiente C, nel frattempo, ha rivelato la presenza di almeno tre roditori: due topi in un’anfora e un ratto in una brocca, posizionata sotto uno dei letti.
Questi dettagli evidenziano le disastrose condizioni di precarietà e igiene in cui vivevano gli ultimi in quell’epoca.
Comunità di schiavi: sospetto e controllo – condizioni di vita
La disposizione delle stanze doppie e triple suggerisce che gli schiavi vivessero in gruppi di due o tre, il che avrebbe potuto facilitare il controllo reciproco.
La comunità degli schiavi non solo favoriva legami di parentela, ma anche un sistema di controllo basato sulla solidarietà e sul timore di essere accusati dai compagni.
Nonostante la solidarietà e, talvolta, i legami familiari tra gli schiavi, c’era anche una certa dose di sospetto e terrore di essere accusati dai compagni o di subire punizioni da parte del padrone.
Gli schiavi vivevano in un limbo sociale senza diritti legali, quindi dovevano fare affidamento sulla buona volontà del padrone. Ad alcuni erano concessi privilegi, per renderli alleati affidabili del padrone
Anche se chi viveva nella villa faceva sforzi per mantenere un minimo di dignità, l’isolamento e la mancanza di comunicazione mantenevano gli schiavi in una struttura sociale che riusciva ad impedire fughe e forme di resistenza.
In assenza di barriere e vincoli fisici, grate, lucchetti e ceppi, il controllo avveniva soprattutto grazie all’organizzazione interna della servitù.
L’importanza della cooperazione tra istituzioni
L’esplorazione archeologica della villa di Civita Giuliana è stata resa possibile dalla collaborazione tra il Parco Archeologico di Pompei e la Procura della Repubblica di Torre Annunziata, che ha scoperto e contrastato l’attività di scavi clandestini nell’area della villa.
La recente scoperta ha sottolineato l’importanza di continuare la ricerca scientifica in un luogo che è stato salvato dal saccheggio e dal traffico illecito di beni archeologici.
Per ulteriori dettagli, è possibile consultare l’E-Journal degli Scavi di Pompei al collegamento http://pompeiisites.org/wp-content/uploads/E-Journal_5-1.pdf
Marina Abisso
Speleo Club Ribaldone
22/8/2023