Alcune ore nel Complesso della Carcaraia, nelle Alpi Apuane, attraverso il Ramo dei Lunensi

Esplorazione alla Buca sopra la Cava Bassa nel Complesso della Carcaraia, nelle Alpi Apuane, di Marina Abisso, Marco Corvi e Luca Dadà.

risalita nel pozzo – foto Luca Dadà

Riassunto:

Il Complesso carsico della Carcaraia ha raggiunto più di 78 km di sviluppo.

La scoperta del passaggio nella Buca sopra la cava bassa ha reso più agevole raggiungere luoghi precedentemente troppo lontani.

Nonostante la via sia più breve, Marina la percepisce come lunghissima.

Il percorso da fare prevede un corto scivolo con corda, seguito da una serie di discese e risalite, tra cui P12, P25 con deviatore e armo a soffitto, una ex strettoia e P7. Poi si entra nel lungo Meandro dei Lunensi, un percorso irregolare, ma reso più facile grazie alla rieducazione speleologica. Continuando, ci sono P15, una risalita in disarrampicata, R60 (con uscita difficile), una strettoia “no imbrago”, un traverso aereo nel vuoto, R5 e un grande pozzo risalito per circa 50 metri. Il percorso continua con tre camini, come scoperto dagli esploratori.

Durante l’esplorazione, i protagonisti affrontano diverse difficoltà, tra cui una risalita stretta e un traverso aereo nel vuoto.

Marina Abisso descrive in dettaglio come i suoi compagni hanno attrezzato la via e come hanno superato una frana per raggiungere il grosso camino che si vedeva dall’alto.

Dopo aver salito circa 30 metri, Corvo finisce il materiale e si aggira in libera in uno stretto passaggio. Dopo aver raggiunto una sosta, i protagonisti iniziano la discesa, frazionandola in quattro volte.

Marina descrive anche il ritorno, che avviene alle prime luci dell’alba.

Traverso Aereo – Foto di Marina Abisso

Testo integrale, di Marina Abisso


Il 24 giugno a Genova è festa patronale e c’è folla, e nel Levante e a Spezia fa caldo: il Complesso della Carcaraia è una garanzia contro i colpi di calore.
Partiamo presto, Marco Corvi, Luca Dadà ed io: con le pause di rito, arriviamo alla galleria della Carcaraia.

Da lì, mentre ci prepariamo a una sgroppata in salita, passa un provvidenziale Marc Faverjon, in ottima compagnia di Ann, Federica e Silvio del GSF, ci risparmia un bel po’ di salita: ne resta ancora un pezzo, ripida ma nel bosco.

I nostri amici dormiranno all’interno, verso Furia Buia, ed usciranno a domenica inoltrata.

All’orlo del Bucone (P70 in tutto, con solo 30 circa su corda, che però possono far desistere), ci cambiamo e contempliamo uno degli ingressi del complesso carsico della Carcaraia, complesso che ha raggiunto 78 km e più di sviluppo.

La scoperta del passaggio nella Buca sopra la cava bassa e la sua giunzione con il complesso hanno reso più agevole arrivare in luoghi prima un po’ troppo lontani.

IL PERCORSO


Il percorso che vogliamo fare per un professionista è breve, ma a me appare lunghissimo, anche se di volta in volta pare si stia accorciando.


Un corto scivolo con corda, poi P12, P25 con deviatore e armo a soffitto, ex strettoia, P7, poi il lungo Meandro dei Lunensi: ?????????, un insieme di tessere di marmo, polvere farinosa e saliscendi, reso a poco a poco più civile dal percorso di rieducazione speleologica a cui è stato sottoposto.

Lui, il Meandro, è davvero senza fine: un flusso ad andamento ininterrotto e intrecciato che rende merito al suo nome.

E ancora P15, risalita in disarrampicata, R60 (con uscita un po’ “tecnica”, cioè non fatta per gli umani), risalitina stretta, meandro “improbabile”, strettoia “no imbrago”, traverso terribile ed aereo nel vuoto assoluto (“Sarà legale?”, si chiede Dada), R5. base grande pozzo risalito per circa 50 m (che poi continua con 3 camini, come abbiamo scoperto).

Strettoia no imbrago – foto Marina Abisso

L’ESPLORAZIONE

(qui traggo liberi spunti dalla relazione di Luca Dadà, integrandola con qualche volo pindarico)
Marco disarma, una volta che abbiamo passato la risalita stretta sopra la R60 e il traverso volante fino all’ambiente che aveva raggiunto l’ultima volta, dove – dopo – risale un ampio grosso camino.

Non avendo più a disposizione la pur angusta ritirata di salvezza,

Dada attrezza la via di fuga: scende ad armare la discesa per ricollegarsi con la progressione alla R60 sotto, per il rientro.

Sceso una prima volta, pulisce terrazzi dai molti detriti, arriva alla base del centro del pozzo senza toccare pareti.

Allora risale, riparte ancora per spostarsi sulle pareti: l’idea era non scendere fino alla base, ma attraversare la frana sopra.

Si ricollega ad un fix che trova (usato dal Corvo la volta precedente, per fare il rilievo), prova a spostarsi lateralmente su un terrazzo, ma non riesce a spostarsi abbastanza: finisce nel bagnato ed arriva sempre alla base del pozzo.

Allora torna su per capire come fare, ma nel frattempo Corvo ha risalito con me in libera i gradoni del camino fino a 10 metri, senza piantare fix.

Scende Corvi, supera la frana alla base del Pozzo (arrampicandosi in libera) e, passandoci dentro, si ricollega al traverso del 60, arrivando sopra la verticale della progressione, sbucando nel grosso camino che si è sempre visto da sotto, mentre si saliva.

Prima di tornare su, per rilassarsi cambia la via appena creata, si sposta lateralmente, sorvola la frana con le corde, così che non si debba più attraversare all’interno.

Corvo, tornato su con trapano, martello ed accessori, inizia la risalita lasciata a se stessa, con me che gli faccio sicura, lanciando un paio di sassi per movimentare la giornata.

Dada, nel frattempo, pulisce diligentemente i terrazzi rimasti sporchi, regola gli armi, ora tutti ben tirati, e risale.

Corvo sale altri 20 metri, arrivando a circa 30: finisce il materiale con l’ultimo pezzo e si aggira in libera in uno stretto passaggio.

Io scendo, sale Dada, e Corvi gli fa sicura. La risalita continua: altri 20 metri con una parte su un terrazzo inclinato.

Dada si allontana piano piano dallo stillicidio e sale nel vuoto in uno stretto cunicolo: riesce a guadagnare quota velocemente in quella parte, poi finisce gli attacchi, a circa 50 metri dalla base della risalita.

Sopra di lui, c’è un grande camino principale: il pozzo continua. Ci saranno altri 50 metri da risalire, ma per oggi finisce qua. A sinistra, un ulteriore camino più piccolo, al centro una spaccatura più stretta, che sale.


Quindi, ci sono altri 3 camini in cui sembra dividersi la risalita: una mastodontica prosecuzione dove servirebbe la presenza di Gianni Guidotti.


Dada arma la sosta sulla verticale all’asciutto. Corvi sale smontando tutta la risalita e raggiunge Dada alla sosta, gli passa tutta la (poca) roba rimasta per armare la discesa.

Dada scende, frazionando 4 volte, e arriva da me, congelato, affamato e assetato.
Esaurita la seconda batteria e tutti i fix, possiamo rientrare a casa, lasciando un po’ di materiale per la prossima volta.


Iniziamo il ritorno: arriviamo al Bucone in tempo per vedere le ultime stelle.
Usciamo qualche minuto dopo i primi chiarori dell’alba: alba sulle cave, ma pur sempre una bellissima alba.

Marina Abisso
SpeleoClub Ribaldone – Gruppo Speleologico Lunense