Il Gruppo Grotte Schio ha fatto una nuova scoperta nell’Abisso Però Prometteva Bene, del Ramo del Cuore, grazie all’ultima esplorazione avvenuta di recente. Cesare Raumer ha raccontato l’avventura su una lista whatsapp, descrivendo le emozioni provate durante la scoperta di un nuovo pozzo, che si era rivelato inaccessibile in passato.

Veneto, Altopiano dei Sette Comuni – La squadra di speleologi del gruppo di Schio, con Cesare Raumer, Flaviano Masetto, Massimo Pasqualotto e Ade, ha incontrato diverse difficoltà durante l’esplorazione, ma grazie alla determinazione e alla collaborazione del gruppo, sono riusciti a trovare il passaggio giusto per accedere ad un nuovo pozzo nel Ramo del Cuore. Un nuovo e grande tubo di pareti bianche di roccia massiccia, che ha riempito di entusiasmo gli esploratori.

La scoperta è stata possibile anche grazie al lavoro di allargamento di una strettoia, iniziato da un manipolo di giovani speleologi eterogenei l’anno scorso. Ade e Max Von Pasqualotto si sono poi uniti al gruppo per completare il lavoro e raggiungere il fondo del pozzo.

Nonostante le braccia doloranti e la stanchezza, gli esploratori sono riusciti a portare a termine la missione con successo, aprendo la strada verso ulteriori fondi ancora da esplorare. La scoperta rappresenta un altro passo per il Gruppo Grotte Schio e un’ulteriore testimonianza della bellezza e della sfida della speleologia.

L’Abisso Però Prometteva Bene

La grotta “Abisso Però Prometteva Bene”, situata sul Monte Cucco di Pozze, sull’Altopiano dei Sette Comuni è profonda attualmente circa 800 metri.

La grotta fa parte di un complesso carsico che comprende altre quattro grotte.

L’ingresso si trova seguendo una vecchia strada militare e attraverso uno stretto passaggio si giunge ad un pozzetto di 8 metri di profondità, che sbocca in una galleria in diaclasi che sprofonda in un pozzo-cascata di venti metri.

Dopo le prime esplorazioni degli anni ’80, gli esploratori riprendono l’esplorazione nel 2009 con la scoperta di un pozzo decisamente grande, il TriTituli, profondo 45 metri, che sembrava chiudere in frana ma dove l’aria soffia in modo contrario al resto della grotta.

Successivamente, si scoprono altri pozzi e si superano frane, fino a raggiungere la “Sala del Tapiro” e a ridiscendere il pozzone “Voglia di Cabernet”.

L’esplorazione continua con la scoperta di un grande pozzo-cascata, il pozzo dei Pugliesi, profondo circa 120 metri, e con il pavimento formato da grandi massi di crollo.

Si scoprono anche altre prosecuzioni possibili, come il Meandro del Cuore e una serie di pozzi che portano ad una sala di 10 x 15 metri con il pavimento formato da un ammasso di pietre e massi asciutti e cementati tra loro.

La grotta, che aveva deluso i primi esploratori, si sta rivelando un abisso veramente promettente, con molte possibilità di prosecuzione.

Il racconto dalla penna di Cesare Raumer sull’ultima esplorazione

L’ ultima uscita ha regalato nuove emozioni.
Questo il racconto di Cesare Raumer passato sulla lista whatsapp del Gruppo Grotte Schio.

Ciao ragazzi!
Allora, che dire dell’uscita di ieri all’Abisso Però Prometteva Bene?
Mah. Non so come cominciare. Potrei scriverla come il brano di un romanzo oppure come un mero racconto tecnico di un’uscita speleologica.
Voglio fare una miscellanea perché penso sia giusto sottolineare quello che per me ed il Mase ha rappresentato il Ramo del Cuore.

Del resto chi lo percorre si può rendere conto quanto qualcuno ci ha lavorato, ormai
tanti anni fa, nella speranza ma anche con la convinzione che il forte respiro freddo che percorre i venti metri del meandrino avrebbe portato a grandi regioni scosciute da esplorare.

Ma il meandrino è anche parecchio altro era stretto, troppo stretto. Fu così che il ” gatto e la volpe” (termine coniato ieri da Ade (!)),
assieme a qualche altro, si prodigarono a far passare uno ” stampede” di inferociti manzi. Ed ecco cosa ne è venuto fuori…


Insomma, un gran lavoro, a 360° seguendo quel respiro ormai affannoso.
Cerca e cerca ma niente. Dove andava tutta quell’aria? Boh. Forse, ma ormai ne eravamo convinti, sotto la grossa frana alla base del pozzo nero.

E così la cosa, molto a malincuore, è finita lì.
Molte primavere passarono ma il pensiero rimaneva sempre lo stesso. Dove
c…o andava a ficcare tutta quell’aria?

Per fortuna l’anno scorso un manipolo di giovani, (ma già molto in gamba), speleo eterogenei, scoprirono il passaggio giusto ai lati di una sala in frana. Oltre che in gamba era per fortuna anche parecchio magri,
ed ecco che svincolarsi attraverso la luce tra un masso e l’altro giunsero ad intravvedere una finestrella su roccia massiccia che dava su
un pozzo a fessura. L’aria va tutta lì…
Lo scesero per una ventina di metri e finirono le corde. Ma sotto di loro il pozzo continuava bello grande….almeno 30 metri, dissero.

Ma il passaggio sotto la frana era dannatamente stretto, impensabile
esplorare in sicurezza e da normo-dimensionati.


Qualcuno tornò e cominciò il lavoro di allargamento. Ma era dura e la cosa andò in pausa.


E adesso passo all’esplorazione di ieri.
All’appello del Gatto e la Volpe” hanno aderito altri due forti volponi, l’amazzone Ade, guerriera indomita, ed il maresciallo Max Von
Pasqualotto che dove passa lui lascia sempre il segno.
Dopo varie peripezie ci troviamo nella nella sala maledetta. Quando la coppia GV arriva lì Massimo è già tre metri sotto con il trapano in mano e l’Ade a porgergli l’attrezzatura necessaria a limare la strettoia.

Io mi metto subito ad allargare l’ingresso del saltino con l’altro trapano ( non ci facciamo mancare niente..). Si passa bene dicono i due…Questioni di punti di vista dico io….


I lavori proseguono molto velocemente ed in un tempo relativamente breve arriviamo sopra la fatidica ” finestrella”. Ora si arriva fin lì senza particolari problemi. Per dare un termine di paragone, anche ” Aigor” Costa penso ci passi benino….


Il pozzo è impostato su una grande frattura, una “buca da lettere” allargata. Il salto è (per fortuna) ovviamente armato ancora dai primi
esploratori.
Ade seguita da Max si precipita dentro con una corda da 40 nel sacco con la roba da armo. Io li seguo seguito dal Mase.
Ci troviamo 15/20 metri circa tutti sotto una esigua cengia, in pratica dove finivano le corde della scorsa esplorazioni e, quando arrivo io, la tigre Ade era già una decina di metri sotto appesa sulla quaranta su un’ulteriore grossa cengia.

Da buca da lettere ora il pozzo si è trasformato in un grosso tubo di pareti bianche di roccia
cristallina e massiccia.

Le pietre lanciate verso il fondo ripetono echi
lontani almeno 30/40 metri.
L’entusiasmo è alle stelle.
Cercando di consumare meno corda possibile finiamo la 40 e ci troviamo l’Ade, Max e io su una cengia di neanche 50cm.

Intanto Il Mase, complici le sue braccia doloranti, decide di fare inversione di marcia e
ritorna su. La corda è finita, il pozzo no. 10 metri sotto si vede il fondo costituito da grandi massi di frana. All’altezza della cengetta
scorgiamo anche, dalla parte opposta, una grossa finestra in parte nascosta da una parete rientrante.


Ade, la vichinga, si propone di torna su fino alla sala della frana, a recuperare un paio di spezzoni che sapevamo rimasti in un sacco. Io e Max aspettiamo lì sullo scalino esiguo, peraltro discretamente bagnato da un copioso stillicidio.
In men che non si dica Ade è di ritorno ( grande!) . Io mi accingo ad armare l’ultimo tratto preparato nel frattempo da Max.

Veloci come frecce siamo tutti e tre sul fondo sguinzagliati a cercare la (retta) via verso ulteriori fondi.
Dai e ridai scorgiamo il passaggio giusto. L’Ade si trova sopra un salto tra i massi stimato una decina di metri. Io dietro e sopra di lei di un
metri sento distintamente il respiro gelido del mostro che c’è sotto.
L’ingresso sarà da allargare un po ( roba da niente). È fatta. Ma sarà roba per un altro racconto, ora è tardi.
Ade, poi Max, poi io torniamo su. Loro veloci, io di meno. Ahi le mie braccia, per non parlare del fiato.

Lì raggiungo nella saletta della frana che avevano già preparato i sacchi. Con la stessa sequenza via di nuovo, Pozzo Nero, meandrino, Cengia del Tre Tituli, meandro “lavorato”, pozzo da 15, i pozzetti e poi
fuori tutti, ultimo io con le braccia spezzate.

Il Mase mi dice che le sue sono distrutte, che hanno raggiunto il limite. “Anche le mie”, gli dico.
Veloci raccogliamo i nostri sacchi e raggiungiamo il furgone a Malga
Pozze. A dire il vero veloci i primi due, la coppia GV molto meno…..
Sono circa le 19.30, partiamo per il ritorno. Raggiungiamo il rifugio Campo Mulo e li ci salutiamo.

Ade e Max con l’auto verso casa senza
indugio che l’Ade ha un impegno alle 20.30. Arriverà certo in ritardo…
Io ed il mio collega con più calma.

Siamo a Schio verso le 21, stanchi ma contenti. Obiettivo raggiunto, il Ramo del Cuore va! Il suo (attuale) fondo è la che aspetta esploratori per una nuova avventura.

Questo quello di Flaviano Masetto
Doveva essere una cosa a due. Il gatto e la volpe. Ma sicuramente non avrebbe avuto questo risultato.

Da un anno e più che non mettevo
l’imbrago allenamento zera e le braccia doloranti questa è stata un mettermi alla prova. Ho sofferto nel uscire dalla grotta.

Ma adesso passata la stanchezza la voglia di scendere il pozzo nuovo e grande.
Grazie alle due macchine da guerra Ade. e Massimo nella riuscita dell’esplorazione