Nella fredda giornata di sabato 16 dicembre, vincendo il sonno mattutino ed i 1200 metri di dislivello, mi sono recato in quota del Colciavath (m.te Resettum – Pradut, Claut – PN) per proseguire le esplorazioni dell’Abisso dell’Ottavo Nano, ferme dallo scorso luglio, tra le tante cose, su un pozzo vatutato sui 30 metri a circa -200.
Nonostante il freddo siberiano in grotta scorreva un cospicuo ruscello (ingresso a 1800 metri di quota). E’ stato sceso il pozzo (rivelatosi P55) entrando in una ampia e ventosa forra (1,5 metri di larghezza). E’ poi stato sceso un altro P20 arrestandosi su un ulteriore pozzo valutato attorno ai 15. Sul pozzo sono state notate diverse finestre da raggiungere.

Il “Nano” sta quindi diventando un piccolo gigante che supera di già il km di sviluppo e circa 300 i metri di profondità. Nulla di grandioso, se paragonato ad altri complessi, ma questo è solo l’inizio considerato che l’area del Colciavath è stata riscoperta speleologicamente solo pochi anni fa.

Filippo Felici
GS Sacile, US PordenoneseCAI, GS Urbino.

da Facebook:
Abisso dell’Ottavo Nano, ColCiavath, 16 dicembre 2017
Filippo F.
Basta rimandare. È da luglio che non si mette più piede in Col Ciavath. Il corso, il raduno, mille cazzi. Basta, questo è il momento.
Sotto il cancello di Dimrill ci attende un pozzo, un altro… e dobbiamo scenderlo. Questa volta sono solo.
Due ciaspe, ancora notte. 1200 sono i metri di dislivello che mi separano dall’ingresso. Una grossa mano me la da Angelo che incontro fortunatamente e con la motoslitta mi dà un bel passaggio. M ala via è ancora lunga.
-20? – 23?
Non so, ma sicuramente fa un freddo cane.
La neve è bellissima. Ce ne è circa 1 metro e mezzo. Soffice ma compatta. I mughi sono appiattiti al suolo. Il peso della neve fa il suo lavoro. Passo di fronte a Bronchite, a Kirzikistan e a mille altri buchi di cui conosco solo la “veste estiva”. La giornata è fantastica. La ciaspolata è bellissima. Non sono neppure pesante di attrezzatura.
Fatico non poco per trovare l’ingresso “versione invernale” ma il problema più grosso ora è la corda. Un ora e mezzo con la pala per ritrovare la corda. Fa un freddo cane. Le mani si rattappizzano dal freddo. Devo entrare.
Si fischia giù.
E’ giù che mi cambio. Troppo freddo fuori.
Dentro. Eccolo il Nano, il piccoletto che non vuole crescere. Quest’anno è entrato nell’adolescenza, anche se non vuole ammetterlo. A quando l’età adulta? Ad oggi? Forse.
“’ ’giorno Pippo” fa lui.
“buongiorno, che c’è?” rispondo io.
“E’ un pezzo che non ci vediamo. Dove sei stato? Io ti ho aspettato. Sai quel pozzo dove avete scritto i vs. nomi lo scorso luglio? E’ ancora lì. Giuro, non c’è stato nessuno, lo giuro”.
“si ti credo. Chi vuoi che potesse pensare di venire?”
“non ci sono altri speleo?”
“NO, proprio pochi”.
Il Nanetto mi sorride. Conosco oramai a memoria ogni singolo passaggio. Veloce mi dirigo al cancello di Dimrill Devo rilevare e scendere il pozzo sul quale mi ero affacciato con Mammolo lo scorso luglio.
Un freddo cane. Fa freddo. Rilevare fa freddo.
Rilevo poco più di 100 metri di meandro ed arrivo al pozzo. Minas Morghul. Questo il suo nome. Lo avevamo valutato un P35. Si scorgono risalite, traversi. Ora però l’obiettivo è di scenderlo. Ho con me una 90. Sarò stato troppo ottimista?
Scendo armando e rilevando.
Grande. Più di quanto lo avessi immaginato. Ci sono finestre, displuvi, risalite. Me che posto è questo qua????? P55. SI un P55.
In fondo un forrone, la forra del Morghul. Acquatica (con queste temperature? Mammamia….), incredibilmente ventosa, larga. Scendo un altro P20 e finisco la 90. Mi fermo sopra un P15. Sotto, un grande ambiente: Minas Thirith.
Abbondantemente superato il chilometro di sviluppo per oltre 300 metri di profondità. Il nano è entrato in età adulta.
La risalita, empatica, è fluida è veloce. Uscirò alle 17.00, notte. Una bellissima ciaspolata da 1800 a Lesis mi attende…..

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