La più alta vetta vulcanica del sistema solare potrebbe essere stata circondata da acqua nel passato
Nuove scoperte indicano che il Monte Olimpus, il vulcano più alto del nostro sistema solare, era una volta circondato da un oceano marziano.
Quest’ultimo avrebbe svolto un ruolo cruciale nella formazione di tracce distintive sulla superficie del pianeta.
Gli scienziati che hanno esaminato le immagini di Olympus Mons, sostengono che una zona rugosa vicino alla regione settentrionale del monte si sia probabilmente formata milioni di anni fa, quando la lava bollente sgorgava dalla sommità del vulcano.
Si ritiene che questa lava sia entrata in contatto con il ghiaccio e l’acqua alla base del monte, causando frane.
Alcune di queste frane, nel corso degli eoni, si sarebbero estese per circa 1000 chilometri dal vulcano, formando rugosità mentre indurivano.
Nonostante le caratteristiche striate su Marte siano state a lungo studiate, il ruolo dell’acqua nella loro formazione è rimasto un interrogativo aperto.
Questi nuovi risultati rafforzano la teoria prevalente che l’acqua liquida scorreva liberamente sul Pianeta Rosso, che ora è un mondo deserto e ghiacciato, ad eccezione del ghiaccio residuo principalmente intrappolato ai poli.
Il terreno rugoso mostrato nelle nuove immagini è conosciuto come Lycus Sulci, termine geologico latino per solchi paralleli.
Questa zona è stata ripresa a gennaio di quest’anno dalla sonda Mars Express dell’Agenzia Spaziale Europea, che ha celebrato due decenni di ricerche su Marte alla ricerca di segni di acqua sotterranea.
Queste nuove scoperte seguono prove geologiche analoghe trovate a luglio riguardanti enormi scogliere circostanti Olympus Mons.
Gli scienziati ritengono che queste scogliere, o scarpate, segnino un’antica linea costiera all’interno della quale esisteva una grande depressione in cui un tempo l’acqua liquida si muoveva vorticosamente.
I risultati più recenti supportano questa idea, suggerendo che la parte inferiore del monte si sia sgretolata quando il ghiaccio e l’acqua alla sua base sono diventati instabili al contatto con la lava fuoriuscita dal suo interno.
Lycus Sulci, mostrato nelle nuove immagini, si estende per 1000 chilometri da Olympus Mons e si ferma poco prima di raggiungere il cratere di Yelwa, un bacino marziano di 8 chilometri chiamato così in onore di una città in Nigeria.
I solchi che segnano i flussi di lava vicino al cratere di Yelwa mostrano “quanto lontano sono viaggiate le frane distruttive dai fianchi del vulcano prima di stabilizzarsi”, hanno affermato gli scienziati.
Nonostante le suggestive possibilità, i nuovi risultati non confermano se la regione di Lycus Sulci fosse favorevole alla vita su Marte. Tuttavia, sulla Terra, uno studio di ricerca del 2019 ha dimostrato che i “grilli di lava” delle Hawaii sono in grado di prosperare nel calore torrido e spietato della lava che segue le eruzioni vulcaniche.
Sebbene la presenza di acqua liquida nel passato di Marte sia un buon segno per la vita in generale, gli scienziati ritengono che qualsiasi organismo vivente che potrebbe essere prosperato su un Marte un tempo acquatico sia perito insieme agli oceani. Alcuni suggeriscono che organismi unicellulari potrebbero essere riusciti a ibernare profondamente all’interno delle calotte glaciali del pianeta, sebbene la loro presenza attuale sia ancora incerta.