Uno studio su Chemosphere rivela la presenza diffusa di microfibre nei sistemi acquatici di superficie e sotterranei del Carso classico

Si sente spesso parlare di inquinamento da microplastiche in ambiente: sembra diventata una moda, ma invece è una terribile realtà. Tra le più numerose forse di microplastiche presenti, ci sono le fibre: resta da chiarire il dubbio che tutte le microfibre siano microplastiche.

LO STUDIO

Un recente studio condotto da un team di ricercatori italiani ha evidenziato la presenza diffusa di microfibre nei sistemi acquatici di superficie e sotterranei del Carso classico, in Friuli-Venezia Giulia, una regione ricca di habitat e specie protette.

Nell’articolo condiviso da Valentina Balestra sulla lista Speleo.it e sui social  – articolo liberamente disponibile online all’indirizzo https://doi.org/10.1016/j.chemosphere.2024.142811   si fa chiarezza, condividendo i risultati del monitoraggio di grotte e sorgenti del Carso classico, acque e sedimenti sommersi, alla ricerca di fibre di origine antropica naturali, rigenerate e sintetiche. Si verifica se vi è accumulo nei sedimenti e se le fibre sintetiche sono davvero maggiori di quelle naturali e artificiali. Chemosphere | Journal | ScienceDirect.com by Elsevier è una rivista scientifica di alto livello, con contenuti sottoposti a costante processo di peer review (quindi di revisione tra pari, ad oggi il migliore metodo alla base della valutazione dei contenuti), con cadenza quindicinale: un sito di grande livello ospita la discussione del “Problema delle microfibre antropiche nei sistemi carsici: valutazione delle acque e dei sedimenti sommersi”.

Immagine 1 (Chemosphere): abstract grafico

Il nuovo preoccupante microinquinante che minaccia gli ambienti naturali è costituito dalle microfibre che, naturali, rigenerate e sintetiche, sono state rilevate in ambienti ed organismi.

Le microfibre sintetiche sono rilevate nelle analisi microplastiche, quelle naturali e rigenerate o non sono prese in considerazione, o sono erroneamente valutate plastiche.

Considerate biodegradabili, per quanto non si conoscano i loro processi di degradazione negli ecosistemi, rappresentano un pericolo ambientale perché la loro potenziale degradazione rapida potrebbe rilasciare composti tossici, con accumulo a lungo termine nell’ambiente.

Occorre quindi studiare il possibile impatto sugli ecosistemi, ai fini della conservazione dell’ambiente. Gli autori hanno raccolto e studiato campioni di acqua e sedimenti sommersi in diverse grotte e sorgenti della regione del Carso classico (quindi nel zona a Nord Est dell’Italia), ricca di habitat e specie protette. Hanno poi analizzato tutti i campioni mediante microscopia e spettroscopia: in tutti (!) hanno rilevato microfibre.

È chiara quindi la presenza dell’inquinamento negli habitat superficiali e sotterranei del sistema carsico, con concentrazione di microfibre più elevata nei sedimenti sommersi rispetto alle acque.

Le microfibre di “taglia” maggiore sono in minor numero: la loro abbondanza cresce con il diminuire della loro grandezza.

Immagine 2 (Chemosphere) 1. Area di studio e punti di campionamento nel settore italiano del Carso classico – Friuli-Venezia-Giulia, Italia. A: Area di studio; B: Zona carsica in azzurro, sorgenti in punti blu e grotte in bianchi; C: Pozzo Mariano (foto Valentina Balestra); D: Grotta di Trebiciano (foto Matteo Galbiati); E: Grotta 214 (foto Matteo Galbiati); F: Primavera 8 con Proteus anguinus (foto Valentina Balestra); G: Primavera 16 (foto Matteo Galbiati) NB: mappe create con QGIS Desktop 3.12.1 con GRASS 7.8.2 utilizzando la mappa OpenStreetMap, modificata – copyright openstreetmap.org

LA FUORESCENZA E LE FIBRE CELLULOSICHE

Più dell’80% delle fibre sono fluorescenti alla luce UV.

Le microfibre sintetiche (presenti per lo più nelle acque) rappresentano il 15/20% delle microfibre totali presenti: la maggior parte delle microfibre, invece, sono di origine cellulosica.

Questo è rilevante: in genere lo studio sull’inquinamento da microfibra nell’ambiente naturale si concentra solo sulle fibre sintetiche, trascurando che una componente importante dell’inquinamento da microfibra di origine antropica è rappresentato dalle le fibre cellulosiche.

Le microfibre sono frequenti nei sistemi carsici, dalle grotte alle sorgenti, e sono distribuite sia nei serbatoi di acqua sia nei sedimenti, con potenziali impatti sugli habitat, sulle specie e sulla qualità dell’acqua.

L’abbondanza di microfibre è particolarmente elevata nei sedimenti sommersi, suggerendo un ruolo importante dei sedimenti per lo stoccaggio dell’inquinamento da microparticelle negli ambienti sotterranei e superficiali

Immagine 3 (Chemosphere): Immagini al microscopio, con e senza luce UV, di microfibre di origine antropica rinvenute negli ambienti acquatici del Carso classico italiano. A, B: fibra sintetica verde senza fluorescenza; C, D: fibra cellulosica (cotone) viola senza fluorescenza; E, F: fibra sintetica gialla con fluorescenza verde e fibre cellulosiche trasparenti con fluorescenza blu; G, H: fibra sintetica trasparente con fluorescenza blu; I, L: fibre cellulosiche trasparenti (cotone) con fluorescenza blu (foto Valentina Balestra)

CONCLUSIONI

La condivisione dei risultati dello studio contribuisce alla conoscenza sui microinquinanti negli ambienti carsici e pone le basi per future nuove ricerche.

Il monitoraggio dell’inquinamento da microfibre nelle aree carsiche è il primo essenziale passo per comprendere lo stato di salute dell’ambiente e poter creare adeguate misure di conservazione, conclude Valentina, e deve diventare una priorità per la protezione delle specie, la conservazione degli habitat e la gestione delle acque, estendendo l’analisi alle connessioni ecologiche tra habitat superficiali e sotterranei.

Si auspica un nuovo atteggiamento politico ed economico verso una produzione e un ciclo di vita sostenibili dei materiali fibrosi, mediante l’educazione ambientale che, a tutti i livelli, renda la generazione attuale e quella futura consapevoli di comportamenti più sostenibili.

Marina Abisso – Speleoclub Ribaldone

Fonte: Chemosphere: https://doi.org/10.1016/j.chemosphere.2024.142811 “The problem of anthropogenic microfibres in karst systems: assessment of water and submerged sediments” – autori Valentina Balestra, Matteo Galbiati, Stefano Lapadula, Benedetta Barzaghi, Raoul Manenti, Francesco Ficetola Gentile, Rosanna Bellopede 

Immagine 1 (Chemosphere): abstract grafico

Immagine 2 (Chemosphere) 1. Area di studio e punti di campionamento nel settore italiano del Carso classico – Friuli-Venezia-Giulia, Italia. A: Area di studio; B: Zona carsica in azzurro, sorgenti in punti blu e grotte in bianchi; C: Pozzo Mariano (foto Valentina Balestra); D: Grotta di Trebiciano (foto Matteo Galbiati); E: Grotta 214 (foto Matteo Galbiati); F: Primavera 8 con Proteus anguinus (foto Valentina Balestra); G: Primavera 16 (foto Matteo Galbiati) NB: mappe create con QGIS Desktop 3.12.1 con GRASS 7.8.2 utilizzando la mappa OpenStreetMap, modificata – copyright openstreetmap.org

Immagine 3 (Chemosphere): Immagini al microscopio, con e senza luce UV, di microfibre di origine antropica rinvenute negli ambienti acquatici del Carso classico italiano. A, B: fibra sintetica verde senza fluorescenza; C, D: fibra cellulosica (cotone) viola senza fluorescenza; E, F: fibra sintetica gialla con fluorescenza verde e fibre cellulosiche trasparenti con fluorescenza blu; G, H: fibra sintetica trasparente con fluorescenza blu; I, L: fibre cellulosiche trasparenti (cotone) con fluorescenza blu (foto Valentina Balestra)

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