L’Uomo di Altamura è stato scoperto nel 1993 nella grotta di Lamalunga (vicino ad Altamura in provincia di Bari). Appartiene a un uomo che precipitò 150 mila anni fa in un pozzo carsico dove morì di stenti. I primi dati che arrivano dallo studio del materiale genetico estratto dai resti fossili dell’Uomo di Altamura mostrano che fosse un Neanderthal. È il Dna più antico per un Neanderthal grazie al quale si potrà ricostruire l’evoluzione umana in Europa prima dell’arrivo dell’uomo moderno (Homo Sapiens).
Pubblicata sulla rivista Journal of Human Evolution, la ricerca è coordinata dal paleoantropologo Giorgio Manzi dell’università Sapienza di Roma e dall’antropologo David Caramelli dell’università di Firenze.
È l’unico scheletro completo di un Neanderthal mai scoperto ed è ricoperto di un rivestimento calcareo di stalattiti che lo ha protetto fino ai giorni nostri.
“Le analisi del Dna – spiega Giorgio Manzi – sono appena cominciate ma ci danno già informazioni importanti, per esempio confermano che l’uomo di Altamura è un Neanderthal molto arcaico e questo spiega alcune caratteristiche dello scheletro: come le strutture ossee della faccia tipica dei Neanderthal, a differenza del cranio più arcaico”. “L’uomo di Altamura, rappresenta una formidabile ricchezza per il territorio dell’Alta Murgia, un tesoro da valorizzare grazie agli studi che si faranno sui resti. C’è molto da conoscere da un simile reperto umano: il Dna potrebbe svelare anche il ritratto di questo uomo preistorico”. “La speranza per il prossimo futuro – sottolinea – è che questo scheletro fossile possa rappresentare il fulcro di una combinazione virtuosa fra ricerca scientifica, tutela del patrimonio e sua piena valorizzazione”.
Al gruppo di ricerca partecipano anche gli archeologi Carmine Collina e Marcello Piperno dell’Università degli Studi di Roma La Sapienza e il genetista Guido Barbujani dell’università di Ferrara e dell’università di Firenze.
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