Dalle ossa umane ai focolari, intervista alla speleoarcheologa che ha scoperto l’uomo di Neanderthal
Chi è Angelica Ferracci?
Ho 31 anni e sono di Roma, sono un’archeologa e una speleologa. Sono anche una studentessa magistrale alla facoltà di archeologia. Al momento lavoro nell’archeologia preventiva e sono collaboratrice della cattedra di Archeologia preistorica dell’Università di Roma Tor Vergata. Mi sto per specializzare sui focolari neandertaliani e sto coltivando la passione per l’archeologia sperimentale.
-Come ti sei trovata nel nostro mondo della speleologia?
La speleologia, in tutte le sue forme, è sicuramente il mondo che più mi affascina, più dell’archeologia; mi dà sicurezza e un senso di libertà unico. Non la prenderei troppo sul serio, la speleologia mi diverte da morire e la pratico per quello.
–Quando ti sei avvicinata alla speleologia?
Nel 2015 mi trovavo a scavare nelle Grotte di Pastena, un sito dell’età del Bronzo nel Lazio meridionale, era il primo scavo preistorico e la prima grotta. Il senso di pace che ho avuto entrando per la prima volta in quegli ambienti mi ha portato nello stesso anno ad iscrivermi al primo corso di speleologia. Tutto questo poi è coinciso con la frequenza costante di scavi archeologici in grotta, apprezzandone sempre più negli anni i suoi differenti obiettivi da parte dell’uomo, nel presente e passato. Ho fatto davvero tesoro della grotta.
È stato sicuramente un anno che ha dato inizio a grandi cambiamenti positivi per la mia crescita personale.
–Ormai conosci gli speleologi da molto tempo; Come vedi gli speleologi nel campo della ricerca, quale contributo possono dare al tuo lavoro e in genere alla Scienza?
Appezzo molto quelle persone che ci hanno sostenuto negli scavi in grotta. La messa in sicurezza della cavità soprattutto per studenti “non speleologi” è fondamentale per portare avanti la ricerca archeologica. Molti studenti archeologi, conoscendo gli speleologi, si sono di conseguenza avvicinati alla speleologia e viceversa alcuni speleologi si sono appassionati allo scavo preistorico, ma quest’ultimo è molto raro direi.
– Come è nata la tua passione per l’archeologia e la paletnologia?
Tutto si deve al mio turbolento passato scolastico, non andavo bene a scuola anche se mi dedicavo alle materie umanistiche. Nonostante tutto, all’università mi sono rimessa in gioco ma cercavo un ambito di studi che mi permettesse anche di lavorare sul campo. Mi sono iscritta al corso di Archeologia alla facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, ho iniziato con l’Archeologia Classica per poi appassionarmi e dedicarmi completamente agli scavi in grotta e laboratori didattici del corso di Archeologia Preistorica.
– Cosa ti ha spinto a dedicarti allo studio dei Neanderthal e in particolare alla grotta Guattari?
Sono stata scelta per lavorare come archeologa a Grotta Guattari. Da quel momento ho dovuto cambiare i miei studi di ricerca e focalizzarmi, con grande entusiasmo, nella “vita e morte dell’uomo di Neanderthal”. Prima mi occupavo di sepolture nell’età del Rame, che tutt’ora non ho abbandonato.
–Quante campagne di scavo hai effettuato nel tuo percorso da archeologa?
Circa 25
– Come si svolgono le operazioni di scavo e di analisi dei reperti nella grotta? Quali sono gli strumenti e le tecniche che usi?
Sostanzialmente noi scaviamo per “tagli”. Scavare per tagli è come “sfogliare” il terreno in grandi estensioni e documentarne il suo contenuto ogni 5-10 cm di spessore; è un lavoro finalizzato ad avere una veduta d’insieme dello strato archeologico,
è sicuramente più lento rispetto ad altri ma il risultato è assolutamente esaustivo. La difficoltà sta anche nel saper seguire e riconoscere uno strato molto antico: rispetto ad altri ambienti la grotta ha un piano di calpestio molto irregolare e saper seguire le successioni temporali e morfologiche del terreno non è semplice, soprattutto se la terra di scavo ha tra i 65.000 e i 116.000 anni. Èin questi casi che, se vogliamo, diventiamo un po’ speleo.
La parte più importante dello scavo è sicuramente la documentazione, la georeferenziazione in particolare permette di collocare perfettamente, tramite strumenti satellitari, i reperti nelle tre dimensioni. Negli ultimi anni mi sto avvicinando alla fotogrammetria, un sistema che in parole spicce ti permette di velocizzare la documentazione di scavo tramite fotogrammi stereometrici. Di per sé lo scavo preistorico è molto lento e meticoloso soprattutto se scavato con attrezzi leggeri e non invasivi, come quelli per modellare il pongo! Ha bisogno di tecniche efficienti e all’avanguardia per potersi evolvere in un sistema veloce, ma questo presuppone tempo e specializzazioni. A Grotta Guattari abbiamo documentato quasi 20.000 reperti e possiamo con precisione ricollocarli tutti nel suo preciso punto di rinvenimento.
Una delle parti più importanti dello scavo è stato il setaccio. Abbiamo fatto un conto e fino al 2023, insieme ad altri colleghi archeologi, abbiamo raccolto e setacciato circa 10 metri cubi di terra. È stato un gran bel lavoro di squadra!
– Quali sono i risultati più significativi e sorprendenti che hai ottenuto finora dalla tua ricerca sulla grotta Guattari?
Per le scoperte evidenti che sono state effettuate all’interno grotta ormai se ne parla tanto ma le stratigrafie dell’ante grotta hanno restituito un livello di vita neandertaliana importantissima: abbiamo potuto documentare un focolare ben strutturato datato a più di 100.000 anni, più di 5.000 reperti faunistici di cui la maggior parte sono combusti, numerose industrie litiche e proprio quest’anno abbiamo concluso lo scavo esterno mettendo in luce, nei livelli inferiori, una porzione di spiaggia fossile che conferma la variazione climatica nelle coste laziali durante il pleistocene superiore.
– Sei stata una delle scopritrici dell’uomo di Neanderthal, puoi parlarci delle tue emozioni a riguardo?
In realtà ero molto attonita, più che altro ho pensato a come scavare al meglio quelle ossa senza recargli danni eccessivi, essendo alcune di esse molto concrezionate. Inoltre, stiamo pur sempre scavando ossa di umani che un tempo hanno molto sofferto, se li ho trovati all’interno di Grotta Guattari è perchè ci son finiti a causa di una disgrazia, volevo solamente portargli rispetto.
– Cosa ci puoi dire dei nove nuovi individui di Neanderthal che hai contribuito a identificare? Di che età, sesso e condizioni fisiche erano? Come vivevano e si relazionavano tra loro e con l’ambiente?
A questa domanda è giusto che rispondano i ricercatori che da mesi lavorano alle sequenze genetiche di quegli individui.
– Quali sono le fonti di finanziamento e di sostegno per il tuo progetto di ricerca? Quali sono le istituzioni e gli enti che collaborano con te e il tuo team?
Sono stata finanziata dalla Soprintendenza SABAP per le provincie di Frosinone e Latina, quindi ero loro collaboratrice. Facendo un conto veloce, alla Grotta Guattari ho visto lavorare ricercatori di tutta Italia, senza esagerare, credo di aver stretto la mano a più di 40 docenti e ricercatori. Per quanto riguarda il mio team di ricerca era davvero molto ristretto, il dott. Di Mario che era Soprintendente, ha permesso gli scavi e la riapertura della grotta. Io invece ho lavorato maggiormente con il prof. Mario Federico Rolfo, che ringrazio per avermi messa in condizione di imparare e crescere.
– Quali sono i tuoi obiettivi e le tue aspettative per il futuro della tua ricerca sulla grotta Guattari? Cosa vorresti scoprire e approfondire?
Sarei contenta di continuare a scavare in uno dei siti più importanti al mondo ma onestamente ora è tempo di lasciare spazio alla divulgazione di questa grotta; con il tempo mi rendo conto che tante persone non ne sanno nulla. Finché potrò parlerò e scriverò sempre della Grotta Guattari.
– Come concili la tua vita professionale e personale lavorando a Grotta Guattari? Quali sono i tuoi interessi e le tue passioni al di fuori dell’archeologia e della paleoantropologia?
Quando lavoravo a Grotta Guattari mi sono trasferita a San Felice Circeo più volte negli anni, questo mi ha impedito di avere continuità con gli affetti personali, ho tralasciato gli studi e la speleologia, ho portato con me solo il mio cane, Tommy. Sono state scelte difficili ma le rifarei…
– Quali consigli daresti a chi volesse seguire le tue orme e diventare un archeologo o un paleoantropologo? Quali sono le competenze e le qualità necessarie per questo mestiere?
A livello accademico bisogna avere i giusti requisiti: lauree, dottorato, scuola di specializzazione, master.
Nel mio caso, del tutto particolare, ho bruciato un po’ di tappe: ho potuto mettere in luce reperti facenti parte di importanti scoperte e avere parallelamente studi in corso da concludere. Un consiglio utile che posso dare ai giovani archeologi è in realtà il consiglio più banale che esista: carpe diem!!!
Cosa ti ha portato a questo?
Un senso di devozione unica nei confronti dell’attività di scavo, che mi ha portato di conseguenza ad essere autonoma e decisa nelle mie attività, motivi per i quali credo mi abbiano scelta per indagare questo sito.
Quante campagne di scavo sono state effettuate a Grotta Guattari?
6 campagne di scavo per un totale di 6 anni. Sono entrata a Guattari nel dicembre 2018 e ci sono uscita a novembre del 2023.
complimenti sinceri veramente in gamba …vorremmo invitarla come gruppo speleo utec Narni a visitare la famosa grotta dei cocci dove ha studiato la archeologa umbra De Angelis per vedere cosa ne pensa ed esporre una nostra teoria..grazie
Virgilio Pendola /presidente UTEC Narni