Quando nella mailing list dello Speleo Club Orobico è girata la prima mail che faceva riferimento ad una possibile “nuova stagione“ sul Menna nessuno immaginava che si potesse arrivare a tanto..
La protagonista del nostro racconto è la Laca a nord del passo di Menna (LoBg 1291). Esplorata qualche decennio fa dal Gruppo Grotte San Pellegrino risultava essere un pozzo con sala di crollo, per uno sviluppo di 38 metri e una profondità di 23.
Il Monte Menna, nelle Orobie Bergamasche, è un ottimo esempio di massiccio carbonatico triassico di circa 1000 metri di spessore, con sovrascorrimenti legati all’Orogenesi Alpina.
Si parte a piedi da 1000m di quota attraversando affioramenti di conglomerato, poi si trova solo calcare, principalmente Esino (Ladinico), che presenta numerose famiglie di fratture che condizionano la dissoluzione carsica.
Il sentiero percorre boschi di abete e faggio, poi arbusti e, da circa 1700m di quota, ripidi conoidi detritici, con qualche camoscio che ci osserva dalle creste rocciose e talvolta un’aquila che ci scruta dall’alto.
La grotta si apre a quota 2000m e ci si arriva con un sentiero che copre 1000m di dislivello per oltre 2 ore di cammino.
All’inizio di Luglio 2015 si decide di andare a dare una sbirciata a dei buchi aspiranti nella zona del passo e di dare un’occhiata a questa cavità. I buchi risultano interessanti ma c’è da scavare. Nel frattempo si trova un nuovo pozzo da 16 metri con fondo tappato da neve, che rileviamo.
La Laca: riarmiamo, scendiamo il pozzo iniziale e troviamo, come da vecchio rilievo, una sala con grossi blocchi di crollo e un paio di brevi cunicoli. L’ambiente è fortemente instabile ma… negli anni si deve essere spostato qualche grosso blocco ed ora si intuisce un passaggio promettente. La grotta “vera” sembra svelarsi proprio dietro queste quinte di roccia, dove le pareti sono levigate dall’acqua.
Ci vogliono 9 uscite perché la Laca da un discreto -23m si tramuti in un gigante di -395m (e non è finita…).
Ogni volta che lanciamo un sasso sentiamo che rimbalza per lunghissimi secondi… sempre più in basso, sempre più in basso… l’emozione sale alle stelle! I nuovi ambienti sono enormi… così decidiamo di dedicare le nuove zone ai personaggi dell’opera cinquecentesca Gargantua e Pantagruel (*i giganti che simbolizzano grandi mangiate e bevute in allegra compagnia).
La grotta si rivela complessa, con numerose vie e altrettanti fondi. Ci sono sale sabbiose, terrazzi sospesi, cunicoli sovrapposti, fratture disarrampicabili, bianchi pozzi paralleli o intersecanti, nuove finestre che si aprono un po’ ovunque, un ricco campionario di fossili. P30, 60, 70 e 80 si affiancano e susseguono nelle varie vie (alcune ancora da esplorare), ma il più grande (per ora…) è il pozzo Gargantua, di 145m!
Giuntiamo le corde, una dopo l’altra, ma il fattore limitante è il materiale, che con certe verticali finisce in fretta e non basta mai. L’avvicinamento non proprio banale rallenta l’esplorazione… ma siamo caparbi e fra un accidente e l’altro per le fatiche torniamo ancora e ancora a illuminare per la prima volta le nuove sacche di buio.
Rileviamo ad ogni uscita (collezioniamo decine di fogli umidicci) e le sere le passiamo calcolando e disegnando. Serve districarci fra le sovrapposizioni degli ambienti e cercare di intuire dove la grotta ci porterà… ma come per ogni bel romanzo… bisogna sfogliare le pagine per scoprire come la storia andrà avanti…
La stagione esplorativa è per ora arrivata al termine (con la neve il versante diventa rischioso)… ci rivediamo in primavera!
Un grazie a tutti coloro che condividono le fatiche del trasporto materiali, dell’esplorazione, del rilievo e delle attese. E un ringraziamento speciale al proprietario della Baita dello Zoppo (sul sentiero, a quota 1400) che ci accoglie al mattino con un caffè e ci aspetta al rientro in piena notte, con un bicchiere di vino e un piatto di pasta: il nostro angelo custode Gianni (e il cagnone Rocky).
Francesco Merisio, Marzia Rossi (Speleo Club Orobico CAI Bergamo, Gruppo Grotte Milano CAI SEM)