Scoperta una ricca biodiversità nelle profondità del Gargano

La Grava di Volafoglia, situata nel bosco “La Difesa San Matteo” nel Gargano, è una cavità naturale che ospita un ricco ecosistema sotterraneo.

Speleologi hanno recentemente esplorato la grotta, scoprendo una varietà di forme di vita e concrezioni geologiche affascinanti.

La grotta, caratterizzata da pozzi profondi e cunicoli stretti, rappresenta un ambiente unico per la ricerca scientifica e la conservazione della biodiversità.

La Grava di Volafoglia, situata nel cuore del bosco “La Difesa San Matteo” nel Gargano, è una delle tante cavità naturali che caratterizzano questa regione.

Il bosco, un paradiso di natura, è ricco di alberi secolari, antiche costruzioni in pietra chiamate Tholoi, fornaci medievali e nevaie.

Questo ambiente naturale offre un equilibrio perfetto tra la vegetazione lussureggiante e le profondità del sottosuolo, rivelando tratti nascosti ma antichi del carsismo che ha sempre contraddistinto il Gargano.

La Grava di Volafoglia è un vero e proprio regno sotterraneo, composto da una serie di pozzi di varia profondità, ben concrezionati e fangosi.

La cavità, che si estende per diversi metri sotto terra, mostra il massimo del suo incanto nel salone più profondo.

Dal punto di vista speleologico, si tratta di un inghiottitoio fossile, costituito da caverne, cunicoli e pozzi, che rendono la sua esplorazione tecnica e impegnativa.

La litologia della grotta è rappresentata da calcari, anche di tipo dolomitico.

L’ingresso della grava è insospettabile e angusto, con un buco del diametro di circa 60 cm.

A pochi metri di distanza, un secondo ingresso, molto più ampio, introduce in un pozzo cieco di scarsa profondità.

La cavità inizia con un pozzo profondo 27 metri, interrotto dopo una dozzina di metri da un’ampia cengia, una sporgenza più o meno pianeggiante, dove si effettua un’operazione di cambio corda, nota come frazionamento.

Si accede a questa cengia tramite un traverso, per poi discendere gli ulteriori 15 metri.

Durante la discesa, si possono ammirare diverse concrezioni carbonatiche, molte delle quali imbrattate di limo.

Tra queste, stalattiti di varie dimensioni, drappi, concrezioni a splash, stalagmiti, vistosi coralloidi e concrezioni fossili denominate “mondmilch” (che in tedesco significa latte di luna, per il suo colore candido).

Alla base della verticale dei primi 27 metri, si possono notare le prime forme di vita interessanti. Osservando attentamente le pareti frastagliate, si può scorgere un coleottero della famiglia Carabidae, del genere Carabus, un coleottero troglosseno predatore di insetti, vermi, molluschi e spazzino di carogne varie.

Più difficile da individuare, per le sue dimensioni, è l’Ixodes Vespertilionis, un acaro comunemente conosciuto come zecca, parassita specifico dei chirotteri (pipistrelli).

Non si può non notare la presenza di numerose zanzare della specie Limonia, famiglia delle Limoniidae, probabilmente Limonia Nubeculosa, una zanzara subtroglofila che trascorre le ore diurne e sverna sulle pareti delle grotte.

Per continuare l’esplorazione della cavità, si deve proseguire in un angusto cunicolo, ribattezzato dagli speleologi come il cunicolo della “nutella”, per via degli abbondanti depositi di argilla e limo che macchiano vistosamente la tuta.

Questa fase è una delle più delicate della discesa in grotta, poiché al termine della strettoia, un breve salto, particolarmente disagevole, permette di affacciarsi su un ulteriore pozzo di circa 7-8 metri.

Infine, un ultimo pozzo di 10 metri consente di accedere in un vasto e spettacolare salone di crollo. Qui è possibile contemplare diverse tipologie di concrezionamento, ampiamente distribuite, il cui fascino ripaga largamente la fatica della discesa e il freddo-umido dell’ambiente circostante.

Degne di nota sono le numerose vaschette presenti un po’ ovunque, in una delle quali è stato rinvenuto un miriapode molto particolare, un geofilomorfo, probabilmente del genere Geophilus, di cui non si è ancora certi dell’origine.

L’ipotesi più interessante è che si tratti di un geofilomorfo cavernicolo, un vero e proprio troglobio, di cui non si conosce il grado di specializzazione verso l’ambiente grotta; ma la tesi più plausibile vuole che l’animale sia giunto lì fortuitamente, magari a causa di una piena, e sia capitato accidentalmente nella vaschetta d’acqua.

Quest’ultima teoria sembra essere più condivisibile per una serie di motivi: la grotta si sviluppa in verticale, l’animale trovato nell’acqua era senza vita, finora non era mai stato notato, nonostante le innumerevoli visite da parte degli speleologi. Il caso Geophilus sp., comunque, merita degli approfondimenti.

La Grava di Volafoglia rappresenta un ambiente unico per la ricerca scientifica e la conservazione della biodiversità. La sua esplorazione continua a rivelare nuove scoperte e a offrire preziose informazioni sull’ecosistema sotterraneo del Gargano.

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