Nuove scoperte illuminano l’arte rupestre del Paleolitico superiore
Un’incisione su pietra, testimone silenzioso di un’epoca lontana, è stata recentemente riportata alla luce, offrendo una finestra sul mondo perduto del leone delle caverne europeo.
La raffigurazione, datata a circa 12.000 anni fa, è stata scoperta nella Grotta Romanelli, importantissima cavità della preistoria in Italia, situata a Castro, nel cuore del Salento.
Questo reperto prezioso è ora custodito con cura presso il Museo delle Civiltà di Roma, che ha reso possibile la ricerca grazie alla concessione dei permessi necessari.
Uno studio interdisciplinare, condotto da un team internazionale guidato dal CNRS francese e dall’ISPC-CNR italiano, ha gettato nuova luce su questo antico artefatto.
La collaborazione ha incluso esperti delle Università La Sapienza, Jean-Jaurés di Toulouse, Complutense di Madrid, Milano, Torino, Cagliari e dell’IGAG-CNR.
I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista Quaternary Science Reviews, aggiungendo un capitolo significativo alla storia dell’arte preistorica.
Dario Sigari, responsabile dello studio dell’arte di Grotta Romanelli, ha condiviso dettagli affascinanti: “Attraverso l’analisi incrociata di diversi dati, siamo riusciti a stabilire che la raffigurazione del leone delle caverne risale a un periodo compreso tra 12.700 e 11.000 anni fa. In quel tempo, la presenza di questi maestosi felini in Europa era già ridotta, e sembra che il sud Italia fosse uno degli ultimi rifugi. Il leone di Grotta Romanelli segna un confine temporale oltre il quale non abbiamo più tracce di questi animali nel nostro continente.“
La varietà di incisioni rinvenute nella grotta rivela la ricchezza della tradizione artistica del luogo.
Il contesto ambientale ha chiaramente influenzato lo sviluppo di un patrimonio simbolico-figurativo, con il leone che emerge come figura centrale nell’arte del Paleolitico superiore europeo.
Oltre al leone, sono state identificate altre figure, tra cui un rettangolo frangiato, un idruntino (una specie di asino oggi estinta) e un insieme di linee.
Le analisi spettroscopiche hanno rivelato l’uso di ematite come colorante rosso, mentre l’osservazione microscopica ha mostrato le tecniche utilizzate per lisciare e preparare la superficie prima dell’incisione.
Questo studio sottolinea l’importanza di riconsiderare le vecchie collezioni con nuovi metodi di analisi, aprendo prospettive inedite sulla simbologia dei felini per le popolazioni paleolitiche e sull’estinzione del leone delle caverne in Europa.
Grotta Romanelli, da oltre un secolo, è un punto di riferimento fondamentale per lo studio del Paleolitico superiore finale nel Mediterraneo, grazie alla sua straordinaria sequenza stratigrafica e alle pareti adornate da incisioni di animali, figure femminili e simboli geometrici.
Dal 2016, il sito è al centro di un nuovo progetto di ricerca diretto da Raffaele Sardella dell’Università La Sapienza di Roma, con il sostegno della SABAP di Brindisi e Lecce.
Le scoperte a Grotta Romanelli non solo arricchiscono la nostra comprensione del passato, ma ci ricordano anche il valore intrinseco dell’arte come mezzo di connessione con i nostri antenati e come fonte inesauribile di conoscenza.