Il resoconto della prima settimana di Marina Abisso
La prima settimana è volata, al fresco, 1816 m di altitudine e pochi minuti di distanza dall’ospitale Rifugio Bogani (cucina da sogno), con un folto gruppo di Polacchi ed Italiani di diversa provenienza.
Mi ritrovo in compagnia di bravissimi speleologi (Andrea, Alex, Simone, Marco e Felicita), a chiedermi “Cosa ci faccio qui?”, ma anche a divertirmi tantissimo.
L’attività ferve, nella terra dell’Abisso delle Spade e di W le Donne: giorno per giorno, si smarcano alcune della cavità programmate, e Andrea Maconi puntuale formula il riepilogo dell’attività svolta.
Qui sono individuate con numeri che ben spiccano sul bianco calcare di Esimo, ma al numero spesso di accostano nomi accattivanti: Nicchia Bustina Furba, il Tigre, il Dito, Abisso Giordano.
La 1804 va a -30, la 1868, il Tigre, -260 m, è stata oggetto di ben 4 uscite di più squadre: l’abbiamo riarmata e rilevata integralmente, esplorando ogni possibile prosecuzione, ma abbiamo dovuto rilevare la competenza e la professionalità dei precedenti esploratori, che avevano fatto un lavoro approfondito. E’ una grotta molto articolata, una successione di pozzi verticali e di pozzi paralleli collegati ai precedenti. Siamo poi andati sulla via detta W Chile, senza riuscire a passare la strettoia sul P25.
Ancora, la 1752 va a -30 m ed altre hanno in fondo il ghiaccio.
Nicchia Bustina Furba ha visto il riarmo dell’arrampicata di ingresso e la discesa al fondo a -100 m, in attesa di proseguire, se si potrà.
La 1949, con avvicinamento significativo, oltre la valle del nevaio, è stata rivista: a -30 m: lì si incontra il nevaio e poi si passa sotto un blocco di ghiaccio, continuando tra neve, ghiaccio e sassi instabili (ecco allora un nuovo nome per la grotta: Rolling Stones).
Un ingresso anche al Dito, fino a -170 m.
Abbiamo disceso e rilevato la 1591, -35 m a voragine, con blocco di ghiaccio sul fondo, che ha reso l’esplorazione degli ultimi metri particolarmente disagevole.
Dopo 15 anni, siamo rientrati nell’Abisso Giordano, trovando un panorama totalmente diverso, a causa dello scioglimento della neve e del ghiaccio: prima si strisciava in un meandro da arrampicare su neve, ora lì c’è un pozzo di almeno 20 metri. La sala finale ha un deposito di ghiaccio di alcune centinaia di metri cubi.
E’ stata vista anche la 1803, con arrampicata sulla parete finale che già ignoti nel passato hanno risalito.
E un’occhiata anche alla 5756, esplorata a fine pomeriggio per una decina di metri.
La 1752 ha regalato un nuovo pozzo di 15 m, che ha però a fianco un iceberg poco rassicurante.
E’ stata scesa la vicina 1582, Voragine di oltre 20 metri nel Bregai, oggi più profonda del passato di oltre 40 m: ci torneremo tra un centinaio di anni quando si sarà sciolto il ghiaccio sul fondo.
E abbiamo dato un’occhiata al Bambino, a dieci minuti dal Rifugio, per circa -100 m, nella parte già armata.
Ogni passo tra le pietre ripaga dello sforzo, peraltro gradito.
Qualche temporale ha bagnato le notti, ma torna sempre il sole, almeno per ora.
Ogni sera convergiamo al campo, nella dolina che abbiamo eletto a zona ristorazione: abbiamo scoperto che i Polacchi cucinano la pasta alla perfezione, al dente e con gradevoli insiemi di condimenti “Polish style”.
E ogni mattina si riparte, dopo la colazione insieme, che ognuno fa in autonomia, chi con salumi, formaggi e peperoni, chi con pane e Nutella o pane e marmellata, chi con la pasta della sera prima.
Tra rocce candide e asciutte e tramonti aspri e spettacolari, un fresco saluto dalla Grigna.
Marina Abisso
Speleo Club Gianni Ribaldone – Genova