Le aree artiche continuano a essere colpite dalla crisi climatica e a far emergere nuove minacce per l’ambiente.
Secondo uno studio pubblicato su Nature Geoscience, il ritiro dei ghiacciai artici sta portando alla luce acque sotterranee che liberano grandi quantità di metano, aumentando il rischio di peggiorare la situazione del riscaldamento globale.
La ricerca, condotta da un gruppo internazionale di scienziati, ha utilizzato dati satellitari e rilievi sul campo per individuare queste sorgenti di emissioni di metano nelle Isole Svalbard, nell’arcipelago del Mar Glaciale Artico a nord della Norvegia.
In particolare, l’analisi delle immagini raccolte dai satelliti Sentinel-2 nel periodo tra maggio 2021 e aprile 2022 ha permesso di monitorare 78 ghiacciai presenti sull’isola, concentrandosi sulle aree in cui la coltre bianca si è ritirata.
I risultati hanno evidenziato la presenza di acque sotterranee che liberano grandi quantità di metano, con concentrazioni fino a 600.000 volte superiori a quelle dell’atmosfera.
Le acque provengono da una rete sotterranea alimentata da grandi riserve idriche che affondano le loro radici nei sedimenti sottostanti e nel substrato roccioso.
Secondo gli esperti, il volume totale di gas intrappolato sotto questi ghiacciai potrebbe superare la quantità di metano liberata dalle sorgenti analizzate, aumentando il rischio di un improvviso aumento di perdite di metano.
L’emergere di queste nuove emissioni di gas, causate dal ritiro dei ghiacciai e dal riscaldamento globale, potrebbe rappresentare un pericoloso circolo vizioso che potrebbe coinvolgere anche altre regioni dell’Artico.
La comunità scientifica sottolinea l’urgenza di adottare misure per frenare il cambiamento climatico e limitare gli effetti devastanti sulla fauna e sulla flora di queste regioni.
Lo studio dimostra che la crisi climatica sta avendo un impatto significativo sulle regioni artiche, con temperature che sono aumentate di 4°C tra il 1970 e il 2020.
Questo ha provocato un notevole ritiro dei ghiacciai e l’emergere di acque sotterranee, che a loro volta stanno portando all’emissione di grandi quantità di metano, uno dei gas serra più potenti.
Secondo Andrew Hodson, docente presso l’Università delle Svalbard e secondo autore dell’articolo, la quantità di metano emessa dalle sorgenti analizzate potrebbe essere solo la punta dell’iceberg: “ciò significa che dobbiamo urgentemente stabilire il rischio di un improvviso aumento di perdite di metano, perché i ghiacciai continueranno solo a ritirarsi mentre lottiamo per frenare il cambiamento climatico”.