L’acqua di fusione sulla superficie dei ghiacciai si raccoglie in piccoli corsi d’acqua stagionali, che si scavano un letto incassato nel ghiaccio, le cosiddette bediére (da un termine francese): il ghiaccio è impermeabile, e non consente all’acqua di infiltrarsi in profondità.
La parte più superficiale di ogni ghiacciaio, però, è attraversata da numerose fratture: attraverso queste, l’acqua di superficie può infiltrarsi e scorrere all’interno del ghiacciaio.

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Ghiacciaio dei Forni - Foto Martel

L’acqua liquida è ovviamente più calda del ghiaccio con cui viene a contatto, e ne determina la fusione, creando un sistema di vuoti, cunicoli, pozzi, gallerie, del tutto simile ai sistemi di grotte in roccia: la differenza è che le grotte in roccia sono create da processi chimici (dissoluzione del calcare), mentre le grotte nel ghiaccio si formano per un processo fisico (fusione del ghiaccio).
Le cavità glaciali si formano in tutti i ghiacciai abbastanza “caldi” perché possa essere presente acqua allo stato liquido.
La formazione delle grotte nel ghiaccio è molto rapida, e può essere osservata, per così dire, in “tempo reale”: le cavità si formano e si modificano nel corso di poche settimane, o pochi giorni, e questo offre l’opportunità di comprendere forme analoghe sviluppate, in tempi molto più lunghi, in roccia.
Perché si formino grotte glaciali, è necessario che il ghiaccio, di per sé impermeabile, sia attraversato da fratture, che permettano all’acqua di scendere in profondità e, fondendo il ghiaccio circostante, di allargarle fino a formare pozzi e gallerie che possono raggiungere parecchi metri di diametro.

In superficie, si osservano pozzi e inghiottitoi, chiamati mulini glaciali, poichè l’acqua vi turbina come in un mulino ad acqua, attraverso i quali l’acqua si inoltra nelle profondità del ghiacciaio.
Spinta dalla gravità, l’acqua tende a seguire un percorso il più possibile verticale, scavando grandi pozzi e profonde forre nel ghiaccio, fratturato a causa delle enormi tensioni che si sviluppano all’interno della sua massa, che fluisce lentamente sotto la spinta del suo stesso peso.

Oltre una certa profondità (che è di circa 150- 200 m ed è uguale per tutti i ghiacciai, indipendentemente dal loro spessore), il ghiaccio diviene plastico e si comporta come una barriera impermeabile, che impedisce all’acqua di approfondire ulteriormente il suo percorso.

Si formano così gallerie orizzontali, completamente allagate che possono raggiungere la base del ghiacciaio, per poi uscire nuovamente attraverso le “porte” del ghiacciaio, con gallerie che possono avere diametri di parecchi metri, da cui si riversano le turbolente acque grigiastre degli scaricatori glaciali. Le “porte del ghiacciaio” assumono spesso l’aspetto di grandi “bocche”, simili alla bocca di un forno, da cui provengono i toponimi di alcuni ghiacciai alpini (Ghiacciaio dei Forni, nel Gruppo dell’Ortles-Cevedale, Ghiacciaio del Forno in Val Bregaglia, Svizzera).
I luoghi migliori per osservare gli inghiottitoi glaciali sono i tratti pianeggianti, lontano dalle zone con crepacci, o lungo le morene mediane o ai lati del ghiacciaio: si trovano in tutti i ghiacciai delle Alpi, ma solo in alcuni casi raggiungono dimensioni penetrabili dall’uomo. Grandi inghiottitoi si trovano, per esempio, sul Ghiacciaio del Gorner, sulla Mer de Glace e sul Ghiacciaio dei Forni.

La Scienza che studia le grotte nel ghiaccio è detta “Glaciospeleologia” e l’Italia è all’avanguardia di questa speciale branchia della ricerca.

Maggiori approfondimenti su ENI Scuola:
http://www.eniscuola.net/argomento/la-criosfera/grotte-nel-ghiaccio/come-si-formano/

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