La cronaca di Sonia Santolin sulla ricerca di una grotta dimenticata nelle vicinanze della ben più nota Grotta di Fumane, con le foto di ambienti bel concrezionati, ritrovati dopo più di 50 anni dagli speleologi Mantovani e reggiani.
Fumane (VR) La storia che vi raccontiamo oggi si svolge nella Valle di Fumane, che ospita la ben nota Grotta di Fumane, rifugio importantissimo per i reperti preistorici che vi sono stati ritrovati e per gli studi effettuati nel corso del tempo. Ma la ricerca speleologica a tutto campo porta ad esplorare anche grotte ritenute molto meno ‘importanti’. Il racconto è la cronaca della giornata di ricerca degli speleologi reggiani e mantovani.
Tra ricordi di vecchi speleologi, appunti dell’epoca della scoperta risalente a più di 50 anni fa e chiacchiere al ristorante, si affronta la ricerca non banale di una grotta che in passato era stata cercata anche da speleologi veronesi.
La riscoperta regala qualche scatto fotografico di un ambiente ben concrezionato e la documentazione di una grotta costituita da un unico pozzo di 27 metri di profondità:
Siamo nel comune di Fumane, in provincia di Verona, sulla vecchia strada che porta a Molina. Ci troviamo nella Valle dei Progni dove qui si trova la nota grotta di Fumane, che è uno dei maggiori siti archeologici preistorici d’Europa, ma quello che non vi diranno mai è che qui si trova il ristorante della Franca dove davanti ad un’indimenticabile piatto di tagliatelle al cinghiale puoi ascoltare le storie più varie che vanno da un Alberto Angela forte appassionato della zona, alla storia di Giuseppe Perin detto “FratélPerin” che negli anni ha valorizzato l’inimmaginabile e ha dato un lustro a tutta la zona andando oltre le capacità umane spostando massi e smuovendo acque; e poi c’è Italo Chesin, padre della Franca che un giorno inizia a raccontare le storie dei partigiani che si nascondevano nelle diverse grotte li intorno e non si sa come da qui si è arrivati alla storia del “Lampo” un noto speleologo del Veronese che trovò ed esplorò un gioiello di grotta nel lontano ’64, la “Spluga del lampo”!
È importante parcheggiare proprio di fronte alla Franca per inquadrare due distinte ma ben precise situazioni: la prima è controllare che il camino del ristorante fumi così ci garantiamo la presenza di un lauto pasto dopo grotta, la seconda è osservare bene le montagne di fronte a noi perché non sono così del tutto innocue come potrebbe apparire ad un primo sguardo
Sotto le indicazioni di non più giovani speleo e alcune informazioni raccolte da vecchie relazioni d’uscita tre speleo mantovani e due reggiani provano ad imbattersi alla ricerca di questa grotta, precedentemente un gruppo misto di speleo mantovani e veronesi si erano già cimentati nella ricerca ma con scarsi risultati, si parla di seguire il sentiero fino in cima e calarsi dall’alto seguendo alcune coordinate, ma la prima volta non porta ai risultati desiderati, allora si riparte dal sentiero, abbastanza ripido da portarci in quota molto velocemente poi si decide di uscire dal conosciuto e spingersi verso l’ignoto, affrontando ripide pareti abitate da un fitto bosco incolto da quasi un secolo e da innumerevoli cespugli di pungitopo, qui sono assolutamente consigliati tuta spelo, stivali e guanti!!
Nella squadra c’è Carlo in testa che ha fiutato qualcosa e impavido prosegue senza timori e indugi verso le pareti, Sergio ci racconta nel frattempo la storia del Lampo delle sue imprese esplorative in Preta e la sua partecipazione e collaborazione nel recupero di Marisa Bolla nel tragico evento che le accadde in Preta.
Il più giovane della squadra, Gabry, prova a rincorrere il Carlo chead un certo punto si perde nella vegetazione e solo dopo ben dieci minuti si sente gridare “eccola, è lì dove siete voi!” scambi di sguardi increduli perché “li dove siete voi” è una parte verticale, esultando l’impavido Carlo ci mostra che le micro cenge e l’avvolgente presenza dei pungitopo ci porteranno all’ingresso grotta.
Leghiamo la corda ad un paio di alberi, ci caliamo di qualche metro ed eccola li, la Spluga!
Il giovane Gabry entra con il sacco corda e arma il pozzo, la prima parte è un salto di 7-8 metri su diversi terrazzini, questa prima parte è un po’ stretta ma quella dopo rivela il gioiello che è in sé.
Ci ritroviamo tutti su un terrazzo comodo da dove è possibile frazionare, scendere l’ultima parte del pozzo e ammirare una cattedrale di concrezioni, l’aria e l’acqua qui si sono unite in un’ unica danza e hanno creato delle vere e proprie opere d’arte di calcare.
La discesa scorre lenta perché scandita dall’ammirazione di cotanta bellezza e meraviglia e anche il fondo ci attende con le sue sorprese!
Subito notiamo la scritta “C.S.R. rileva il 12-01-64” oggi è il 15 gennaio 2023!!! Quasi casualmente l’anniversario!
Ci sono segni di una targhetta che ritroviamo dopo pochi istanti scavando la sabbia del fondo, non è la classica sabbia da grotta, è un tipo di sabbia, tutt’ora in fase di studio, che si ottiene dalla disgregazione di questa roccia e che in passato veniva utilizzata come “sapone” nella zona, infatti si possono trovare diverse cave e grotte con la presenza della stessa che veniva estratta apposta per questo utilizzo.
In totale oggi siamo arrivati a -27 calandoci per un unico pozzo, l’avvicinamento è stato dei meno banali in assoluto, ma la grotta, quello che ci ha mostrato è la parte più bella del mondo ipogeo, personalmente credo che ci vorrebbero più di una grotta per mettere insieme quello che ho visto qui in pochi metri di sviluppo.
Un sentito grazie al “Lampo” per aver scovato questo gioiellino di grotta e agli speleo mantovani Sergio Adami, Gabriele Minuti e Carlo Lonardi per averci accolto dall’ oltrepò e portati con loro in questa riscoperta!
Sonia Santolin per il collettivo del coordinamento SpeleoBaldo