Uno studio croato getta nuova luce sulle prime fasi dell’adattamento alla vita in ambiente sotterraneo.
Scritto da Dr Giuseppe Adriano Moro
Come “diventa speleo” un pesce?
Uno studio pubblicato su Zoological Research nel luglio di quest’anno, ad opera di alcuni ricercatori croati, ha permesso di studiare alcuni aspetti dell’adattamento alla vita in ambiente sotterraneo che incuriosivano i biospeleologi e gli evoluzionisti da molto tempo.
In sintesi, lo studio condotto sui pesci del torrente Sušik e nell’omonima grotta (https://goo.gl/maps/2jWzBNMNLSceELUUA) ha messo in evidenza la capacità di una specie di pesci di sopravvivere e addirittura riprodursi in grotta, senza realmente “evolvere” dal punto di vista genetico.
Telestes karsticus, questo il nome della specie, ha già tutto ciò che gli serve per adattarsi alla vita in grotta, semplicemente non ne fa uso quando si trova in superficie.
È un po’ come se avesse sempre il caschetto e l’impianto di illuminazione ma, esattamente come uno speleo, non accende la luce finché è all’esterno.
L’articolo originale può essere letto a questo indirizzo:
https://www.zoores.ac.cn/en/article/doi/10.24272/j.issn.2095-8137.2022.528?fbclid=IwAR1AxanbMxNLKjIdtcsMn6PxvpZmcWWHZ6T8x7KesI09Xor5B-A_yofa8ss
Cosa dice la scienza
Tutti gli animali adattati alla vita in ambiente sotterraneo a noi noti sono discendenti di progenitori che vivevano in superficie.
Come sappiamo, l’ambiente sotterraneo è molto diverso da quello superficiale e gli animali che sono legati indissolubilmente ad esso hanno caratteristiche differenti rispetto a quelli che vivono alla luce del sole.
Tuttavia non è ancora del tutto chiaro il processo di adattamento, che ha consentito dapprima la sopravvivenza di animali di superficie sotto terra, poi la formazione popolazioni e infine la comparsa di vere e proprie specie differenti, che finiscono spesso per essere del tutto vincolate all’abiente ipogeo.
Da molto tempo gli evoluzionisti si stavano chiedendo quale fosse il ruolo della plasticità fenotipica in questo processo.
La plasticità fenotipica è la capacità di un organismo di manifestare caratteristiche “esteriori” diverse da quelle dei suoi conspecifici, pur senza essere diversi da loro geneticamente.
La plasticità fenotipica non richiede alcuna mutazione: c’è già tutto, semplicemente una parte del genoma non veniva espressa perché non serviva farlo.
I ricercatori croati hanno studiato due popolazioni di Telestes karsticus, un piccolo pesce della famiglia Cyprinidae (quella che comprende carpe, pesci rossi, tinche, cavedani ecc).
Il nome scientifico è evidentemente indicatore del tipo di ambiente in cui questa specie vive. In particolare lo studio si è svolto nel sistema costituito dal torrente Sušik e nell’omonima grotta, nei pressi di Drežnica (contea di Karlovac, HR).
Il torrente Sušik è il tipico corso d’acqua del Carso dinarico, attraversa un polje, quindi scompare sotto terra a breve distanza dalla grotta, situata al margine del polje stesso, per ricomparire al suo interno come corso d’acqua sotterraneo.
Durante i periodi di piena, il torrente raggiunge regolarmente la grotta ed è dunque possibile per un pesce spostrarsi dal polje dentro la cavità.
In estate il torrente è quasi asciutto e i pesci sopravvivono in poche pozze rifugio.
Telestes karsticus vive sia nel torrente di superficie che in quello sotterraneo, dove riesce persino a riprodursi.
I ricercatori croati hanno osservato la presenza di uova del Telestes karsticus nella grotta, dimostrando che questa specie si riproduce effettivamente in ambiente sotterraneo.
Questa osservazione di per sé smentisce la teoria secondo cui le grotte vengono usate solamente come rifugio dai pesci nel Carso Dinarico durante i periodi di secca estiva in superficie.
Gli individui che vivono nella grotta hanno un aspetto esterno e una fisiologia differenti rispetto a quelli che vivono in superficie, cosa che li rende adatti alla vita ipogea; tuttavia le differenze genetiche fra i pesci di superficie e quelli di grotta sono assenti.
I ricercatori croati hanno ipotizzato che i pesci presenti in grotta stessero semplicemente traendo vantaggio da caratteristiche genetiche presenti anche in quelli che vivono in superficie, ma non utilizzate da questi ultimi.
Per verificare la propria tesi hanno catturato 60 pesci per tipo di ambiente, sia in superficie che in grotta, e li hanno portati in laboratorio, dove hanno sottoposto tutti a condizioni di illuminazione differenziata (buio perenne e cicli luce / buio), ipotizzando che la presenza di luce fosse il fattore ambientale più importante.
Ebbene, i pesci di superficie messi al buio hanno iniziato a cambiare aspetto e fisiologia.
Dopo sette mesi di vita nelle condizioni di illuminazione nulla o alterata, le differenze morfologiche esterne fra i pesci catturati in superficie e quelli catturati in grotta erano diminuite, divenendo totalmente assenti a 22 mesi dall’inizio dell’esperimento.
Allo stesso modo, i pesci catturati in superficie hanno iniziato ad accumulare più grasso, analogamente a quanto fanno i loro conspecifici nati in grotta.
Lo studio ha aperto nuove prospettive nella comprensione dei meccanismi attraverso cui i pesci si adattano all’ambiente ipogeo, sebbene alcuni risultati abbiano generato nuove domande e ipotesi, che dovranno essere oggetto di ulteriore attività di ricerca.
Mayo (Giuseppe-Adriano Moro)
speleomayo.wordpress.com – Diario di uno speleologo