Fu abbandonato dagli austriaci il 3 Novembre del 1918 e da allora nessuno vi era più entrato. Smontato e ricostruito a valle a Bormio, costituirà un eccezionale spaccato della vita nelle trincee.

La sera del 3 Novembre del 1918, giorno dell’Armistizio, gli austriaci sconfitti abbandonarono la posizione sul Monte Scorluzzo. La grotta da quel momento in poi non fu più frequentata da nessuno.

Si tratta di un bivacco militare austro-ungarico, perfettamente conservato, scoperto all’interno di una grotta poco sotto la vetta del Monte Scorluzzo, cima che domina il Passo dello Stelvio. A preservarlo è stato il ghiaccio, accumulatosi nell’anfratto dopo l’abbandono del ricovero al termine del conflitto.

Il rifugio dello Stelvio è stato portato alla luce nella sua totalità grazie all’impegno di numerosi volontari. Sono state necessarie 4 estati – dal 2017 al 2020 – per sciogliere il ghiaccio accumulatosi nella grotta e procedere al recupero dei reperti e allo smontaggio dei componenti del ricovero.
Per l’enorme valore storico e l’impossibilità di conservazione sul posto, tutto sarà ricostruito a Valle e reso visibile al pubblico all’interno di un museo.
Al momento, i resti sono ospitati presso il Museo della Guerra Bianca di Temù, in attesa della ricostruzione del rifugio, presso l’area museale che avrà sede a Bormio, nel territorio laddove è avvenuto il ritrovamento.

Il Monte Scorluzzo fu occupato da un contingente austro-ungarico nel giugno 1915. Il ricovero fu costruito dopo la conquista della vetta.
Si trattava di una baracca di legno, un bivacco spartano, all’interno del quale i soldati dormivano su giacigli di paglia, scaldati dal lieve tepore di coperte fin troppo sottili per il clima rigido dei 3000 metri.
L’esercito italiano provò a più riprese a riconquistare lo Scorluzzo, ma la zona rimase in mano austriaca fino alla stipula dell’armistizio firmato a Villa Giusti in 3 Novembre 1918.

La grotta è stata individuata nel 2008, in seguito del parziale scioglimento del ghiaccio accumulatosi al suo interno.
Nel 2015 il responsabile della Commissione Tecnico-Scientifica del Museo della Guerra Bianca, John Ceruti, in zona per girare un documentario, nota che nella parte superiore dell’accesso alla grotta si è sciolto abbastanza ghiaccio da creare un passaggio ampio 50 cm. Insieme al video operatore, Ceruti decide di provare a entrare, strisciando sotto il soffitto, fino a raggiungere il fondo della grotta, dove si imbatte in una cartolina e un paio di guanti. Particolare romantico: sulla cartolina era ancora perfettamente leggibile la scritta, in lingua tedesca, “Non ti scordar di me”.

Per avviare gli scavi e le operazioni di recupero della struttura e dei beni in essa preservati si è dovuto attendere il 2017.
Sono stati raccolti oltre 300 reperti, che da un lato raccontano la guerra, quali armi e munizioni, dall’altro documentano l’esperienza di vita quotidiana estrema di questi soldati a 3000 metri. Non se la passavano molto meglio degli italiani. Disponevano di poco cibo e di scarso equipaggiamento, tra l’altro di bassa qualità. Basti pensare che tra le coperte ritrovate ve ne sia soltanto una di lana. Le altre erano in fibre vegetali. Al posto delle calze i soldati erano costretti a creare delle pezze da piedi con ritagli di coperte e sono stati anche ritrovati pantaloni rattoppati con toppe ricavate dai sacchi di iuta.

Articolo estratto da Montagna TV https://www.montagna.tv/191069/scoperto-in-una-grotta-sullo-stelvio-un-rifugio-della-grande-guerra-perfettamente-conservato/

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