Sono ricominciate le esplorazioni alla Grotta “Quinto Elemento”, sull’Altopiano di Gorga da parte di Andrea Benassi, paolo Turrini e Mauro Masci.

Seguendo le vie dell’acqua, sono ricominciate le esplorazioni alla Grotta “Quinto Elemento”, sull’Altopiano di Gorga, sui Monti Lepini, in Provincia di Frosinone, da parte di Andrea Benassi, paolo Turrini e Mauro Masci.
Sono stati ispezionati vari rami che si aprono in profondità, tra quota -130 e -300, inseguendo l’acqua che attraversa tratti decisamente troppo stretti per il passaggio di una persona.
Proseguire in profondità diventa abbastanza difficoltoso visto che tutte le diramazioni vanno a restringersi inesorabilmente più o meno alla stessa quota di -300.
La ricerca però è tuttaltro che conclusa, perchè dal fondo dei meandri occhieggiano in alto passaggi e aperture che potrebbero dare accesso ad un livello fossile superiore, che se esistesse aprirebbe la via verso altre grotte della zona, non connesse con i flussi idrici attuali del Quinto Elemento.


Andrea Benassi, speleologo ed esploratore, sulla pagina facebook racconta:

“Lo scorso autunno, avevamo lasciato la grotta, oltre il simpatico Regno di Smerdor, che proseguiva lungo un meandro molto alto intercettato dopo una giunzione a T.
Li ci eravamo fermati ad una profondità di circa -300 metri.
Questa volta, con Mauro Masci e Paolo Turrini siamo ovviamente ripartiti da li.
Purtroppo dopo aver seguito questa via per un centinaio di metri di traversi e giri vari, percorrendo il meandro a diverse altezze, la stessa stringe in una zona concrezionata chiudendo infine in modo netto.
Tornando indietro alla giunzione ci siamo accorti che quella appena percorsa non era la via verso valle, ma bensì un ulteriore arrivo in sinistra idrografica. La via a valle infatti si trovava in una sala sotto la giunzione.
Scesi la sotto, abbiamo ritrovato il torrentello, ma dopo pochi metri lo stesso si infila in una serie di piccole e piccolissime condotte.
Decisamente non passabili.
A questo punto però ci siamo resi conto che l’acqua non proveniva dalla via principale percorsa da noi, ma solo da un grande arrivo dall’alto, questa volta in destra idrografica.
Mentre l’acqua principale che avevamo seguito fino a Smerdor l’avevamo abbandonata una cinquantina di metri prima.
Capito questo, siamo quindi tornati indietro e ritrovata l’acqua principale l’abbiamo seguita nel suo infilarsi in una condotta decisamente strettina.
Anche li purtroppo dopo un paio di saltini le cose peggiorano e la prosecuzione ha dimensioni da tubo sub-umano.
A questo punto tirando le somme, possiamo dire che scendere a maggiore profondità non sarà semplice.
Forse abbiamo incontrato una discontinuità litologica o forse semplicemente gli effetti morfologici di quando il livello di falda si trovava a queste quote.

Quello che sia sia, ci ha mostrato come su due differenti fondi percorsi da acqua (si alla grotta sembrano piacere molto le diffluenze) si incontri alla medesima profondità un mutamento di forme e dimensioni nei meandri.
Stiamo parlando dei meandri attivi, che ovviamente sono la parte ringiovanita del sistema.
E’ possibile che sopra le nostre teste scorrano tratti fossili di questo livello che forse potrebbero permettere di bypassare questo restringiemento.

Anche il ramo ‘Spalmer’ si è comportato in questo stesso modo.
Sicuramente lungo la parte profonda abbiamo adocchiato almeno 2-3 imbocchi di gallerie da raggiungere, mentre con una risalita fatta da Paolo prima di ‘Smerdor’ alla ricerca di un bypass, abbiamo raggiunto l’ennesimo arrivo in sinistra idrografica. Anche lui sottoforma di grande meandro che va.

Con questo sono quindi almeno 3 questi arrivi da sinistra che incontriamo da -130 a -300 circa, tutti che sembrano testimoniare il drenaggio antico di una vasta porzione della Piana del Pratiglio, che si trova appunto molto vicina a sinistra del sistema e che allo stato attuale si presenta frammentata in una miriade di grandi doline assorbenti e polje di dimensioni anche medio-grandi.
Questa zona sembra essere tutta di competenza idrologica del Quinto Elemento, almeno dal punto di visto del drenaggio antico.
Ovviamente ad un certo punto dovremmo incontrare uno spartiacque relativo invece al drenaggio del vicino sistema di Monte Fato, che sempre scorre in parte sub-orizzontale a profondità del tutto simili alle condotte presenti nel Quinto Elemento.
La presenza di numerose ‘diffluenze’ all’interno del Quinto, oltre che testimoniare la sua antichità strutturale, ci fa a questo punto sognare la possibilità di svalicare i bacini idrografici e magari puntare non solo verso Il Due Bocche, più che vicino vicinissimo, ma anche verso alcune regioni dell’abisso di Monte Fato non impossibili da raggiungere.
Ovviamente solo le future esplorazioni ci potranno come stanno realmente le cose. Un fatto è certo, la grotta non ha assolutamente esaurito le sue potenzialità!”

Fonte: Pagina facebook di Speleologia Laziale

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