Barbara ‘Radicio’ Grillo spiega gli studi sul ‘respiro della Terra’, variazioni che possono raggiungere anche i 20 cm al giorno, registrate grazie al monitoraggio costante nel effettuato nelle grotte.
Cosi si registrano anche ‘espansioni’ della montagna nei periodi piovosi.
Il Dipartimento di Matematica e Geoscienze dell’Università di Trieste cura da molti anni una rete di monitoraggio geodetico in tre cavità del Nord Est Italia: Bus de la Genziana (Pian Cansiglio – Treviso), Grotta Nuova di Villanova (Tarcento – Udine) e Grotta Gigante (Trieste).
In tutte è comune l’installazione di una coppia di pendoli Marussi tipo Zöllner.
Servono per osservare i movimenti lenti della crosta terrestre come le maree terrestri, i terremoti, i trend tettonici.
Le maree terrestri si verificano per lo stesso motivo delle maree marine, ma invece di spostarsi il mare si sposta tutta la parte emersa continentale, anche di 20 cm ogni giorno.
Il primo a scoprirle fu il Prof. Marussi che in Grotta Gigante le sperimentò negli anni ‘60 con due lunghi fili di acciaio ancorati in testa alla grotta e sul fondo, tuttora presenti (pendoli orizzontali).
Lo stesso principio di misura della torsione tra il tetto della grotta e la sua base lo riprodusse creando delle campane in ghisa alte mezzo metro e del peso di 40 kg, che in luoghi ipogei idonei poggiate per terra riproducono il modello della sala della Grotta Gigante.
Perché si studiano in grotta le maree terrestri? Perché la temperatura e l’umidità sono costanti, quindi il dato è già “filtrato”.
Negli anni ci si era accorti che non si registravano solo movimenti lenti della crosta terrestre, ma anche segnali che testimoniavano l’influenza del carico idraulico sulla grotta.
In oltre 40 anni di misura sul Carso Triestino si è ben visto come le piene del Timavo possano deformare il Carso, lungo direzioni preferenziali che corrispondono al suo deflusso.
Si riesce quindi a discriminare quello che è il segnale tettonico, che mostra la direzione di inclinazione del Carso Classico, da quello che è il segnale idrologico.
Qui la rete di monitoraggio idrogeologico con sonde nelle acque di fondo delle grotte è estesa e ben conosciuta da più di 20 anni. Le acque di fondo qui si alzano di 120 metri riempiendo quasi un terzo del Carso.
Nella zona del Cansiglio invece la stazione geofisica in Genziana è attiva dal 2005 alla profondità di 25 m, mentre il monitoraggio idrogeologico tramite l’installazione di una sonda multiparametrica è attiva dal 2013 sul fondo della grotta a quasi 600 m di profondità, grazie alla collaborazione degli speleologi locali.
Anche qui si sono registrati da subito segnali “particolari” riconducibili al carico idraulico e ai movimenti delle piene del Livenza che sgorga alle pendici friulane della montagna.
Per capirne le dinamiche si sono confrontati i dati dei pendoli in grotta con quelli di una rete di GPS esterna (a cura dell’I.N.G.V.) constatando la contemporanea registrazione dei flussi di acqua nell’intricato sistema ipogeo di pozzi e condotte.
Tutta la montagna si può spostare durante un alluvione anche di 1,5 cm verso la fascia delle sorgenti per poi tornare al suo posto!!
Le parti più basse del Bus de la Genziana sono caratterizzate da ambienti epifreatici, che possono allagarsi anche completamente e presentano condotte a sifone, dove è sempre presente l’acqua.
Il sifone che ospita la sonda è uno dei tre della grotta e ha un carattere tendenzialmente pensile.
Il livello delle acque ha raggiunto più volte i 50 metri sopra il livello della sonda a seguito di precipitazioni abbondanti di durata di alcuni giorni.
Il record si registra però in aprile 2019 con 90 metri di altezza.
Vi è una relazione diretta tra i segnali impulsivi registrati dai pendoli geodetici e gli innalzamenti di acqua nel sifone.
Il pendolo registra anche un segnale di deriva più lento, che correla con il livello di falda, cioè la curva di deflusso della piena del Livenza ha lo stesso andamento di quella dei pendoli e GPS.
Un modello possibile della causa della deformazione è l’effetto della sovra-pressione che si instaura nel canali idrici sotterranei, un effetto dimostrato per il Carso Classico nella stazione geodetica della Grotta Gigante.
Possiamo approssimare il comportamento del Cansiglio ad un modello elastico di una rete di canali di drenaggio dominanti con direzioni preferenziali, che scorrono nel reticolo carsico vadoso e si innescano con tempi e modalità diverse a seconda della quantità/durata di pioggia.
Tutto il sistema Cansiglio è una idrostruttura che respira…
Nella Grotta Nuova di Villanova invece, che ospita un articolato laboratorio geofisico sotterraneo dall’anno dopo del terremoto del Friuli del 1976, per provare le stesse osservazioni si è riusciti ad installare una sonda multiparametrica sul fondo solo nel luglio 2019, grazie alla preziosa collaborazione di Paolo Moro.
Per la prima volta si è potuto confermare quello che si vedeva già dai segni delle piene: la sonda ha registrato livelli di acqua prossimi ai 18 m!!
La possibilità di poterlo misurare è una informazione scientifica molto importante oltre che una testimonianza dell’idrodinamica della grotta.
Avendo a disposizione fondi le ricerche nelle tre zone potrebbero continuare senza affannare come sta accadendo.
Una sonda può aiutare a conoscere meglio la grotta e la sue influenze con la tettonica locale, perché quello che rimane da capire è come e se questi continui movimenti da carico idraulico possano influenzare l’accumulo di energie elastica, cioè terremoti?