Fluoresceina per ricostruire il percorso nascosto del fiume. Campionamenti dalle grotte di San Canziano in Slovenia all’Abisso di Trebiciano
Quando si parla di Timavo si va a scomodare la Storia della Speleologia mondiale, li dove tutto ebbe inizio alla ricerca delle acque del fiume Timavo, per un possibile sfruttamento a scopi idropotabili per la città di Trieste.
La ricerca speleologica non finisce mai, soprattutto quando tante domande restano insolute, nascoste nel buio oltre sifoni impraticabili.
Su “Il Piccolo di Trieste” è uscita questa notizia che, a 600 km di distanza, mi fa sognare, all’articolo de “Il piccolo” c’è da aggiungere che nel tracciamento sono comprese le grotte della Lazzaro Jerko, unica che ha raggiunto il fiume dopo 158 anni di ricerche, e l’Abisso di Rupingrande: sono coinvolti, per queste due cavità, la Commissione Grotte e il gruppo grotte del Club Alpinistico Triestino
di Patrizia Piccione
da Il Piccolo del 21 novembre 2017
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TRIESTE. Da oltre 150 anni in Carso si cela il mistero sotterraneo che più di ogni altro intriga gli speleologi di mezza Europa. Nella cavernosa pancia dell’Abisso di Trebiciano, a 329 metri di profondità, scorre il fiume Timavo, il cui percorso lungo gli arzigogolati lati di quella che si è delineata come una sorta di triangolazione tra grotte, è la madre di tutti gli speleo–enigmi. Con certosina perseveranza sia gli speleologi nostrani sia i visitor in trasferta cercano da sempre di venire a capo dell’intricata rete del corso sotterraneo del fiume, che si inabissa nelle grotte di San Canziano in Slovenia, percorre nel sottosuolo il suo invisibile cammino transitando prima nella grotta di Kanjaduce vicino a Sesana, poi nell’Abisso, per infine riaffiorare alle risorgive di San Giovanni di Duino.
A dare delle risposte per collegare, come nel gioco della Settimana enigmistica, tra loro i probabili puntini di questa road map fluviale, non la grafite di una matita ma il vivace verde evidenziatore della fluoresceina, usata quale tracciante vettore nelle acque sotterranee. Un’operazione che in tre puntate ha dato delle conferme, tra le altre, sull’unicità del percorso idrico tra le grotte in questione. La missione per sbrogliare l’ingarbugliata matassa delle giravolte underground del Timavo è frutto del progetto di esplorazione e ricerca della Società Adriatica di Speleologia in collaborazione con il dipartimento di Matematica e Geoscienze dell’Università di Trieste, del Parco di San Canziano, con la partecipazione dell’Istituto di Ricerche carsiche di Postumia. Nei giorni scorsi è stato immesso un ulteriore chilogrammo di fluoresceina – indicatore totalmente atossico – nella grotta di Kanjaduce per ricalcolare in una finestra meteorologicamente tranquilla, i tempi di arrivo e transito all’Abisso di Trebiciano. Il tempo da lupi di due domeniche fa aveva infatti alterato i risultati ottenuti dall’esperto triestino di tracciamento e rielaborazione dati Fabio Gemiti. Nulla di cui stupirsi, tenuto conto che a causa delle piogge torrenziali nella grotta di San Canziano si sono riversati per ore 100 metri cubi di acqua al secondo, mentre a Trebiciano il livello è salito di venti metri.
Delle operazioni logistiche, vale a dire campionamenti delle acque, posizionamento della strumentazione e aiuto per l’immissione della fluoresceina, si è occupata l’Adriatica di Speleologia, le operazioni di tracciamento sono state coordinate da Luca Zini del dipartimento di Matematica e Geoscienze, mentre i calcoli e le rielaborazioni dei dati erano di competenza di Gemiti. «I risultati confermano quanto si ipotizzava circa il sistema di scorrimento sotterraneo del Timavo», racconta il referente della Sas, Marco Restaino. «Ossia, visti i tempi di percorrenza tra l’immissione e l’arrivo tra una grotta e l’altra lungo percorsi in linea d’aria relativamente brevi, che le dinamiche delle circolazioni profonde del Carso, in primis del Timavo, sono complesse e per nulla lineari», aggiunge lo speleologo.
Facendo un passo indietro, anzi, tre immersioni indietro, questa la sequenza temporale: il primo esperimento è stato condotto alcuni anni fa dall’Università di Trieste su proposta della Sas e con la sezione grotta della Società di alpinismo slovena (JoSPDTrst). Il tracciante è stato immesso dalla JoSPDT nella Jama Sežanske reke, mentre la Sas si è occupata dei campionamenti. Per coprire il tragitto sotterraneo – le due grotte sono distanti tra loro meno di un chilometro – la fluoresceina ci ha impiegato quattro giorni. Il secondo step risale al 2016, quando la sostanza è stata versata a Vreme, in Slovenia, dove durante la stagione secca le acque del Timavo sono totalmente inghiottite dal sottosuolo, prima di raggiungere, 7 chilometri dopo, le grotte di San Canziano. Il progetto messo in cantiere dal dipartimento di Matematica e Geoscienze, dal Parco di San Canziano e dalla Sas, si è snodato lungo un processo di campionamenti giornalieri di 40 giorni, quando la fluoresceina ha raggiunto le risorgive del Timavo. «Dato inaspettato – rivela Restaino –, i prelievi a Trebiciano hanno invece evidenziato come l’acqua che sparisce nell’inghiottitoio non transiti poi da questa cavità». Si arriva così al terzo e recente tracciamento dello scorso 23 ottobre, quando nelle grotte di San Canziano sono stati immessi 5 chili di tracciante, che dopo quattro giorni è transitato alla grotta di Kanjaduce mentre a Trebiciano è stato rilevato dalla Sas il 4 novembre. «L’obiettivo – chiariscono gli enti coinvolti – non è solo confermare i collegamenti sotterranei, ma anche definire, una volta elaborati tutti i dati, quanta dell’acqua che entra a San Canziano passa poi nelle altre grotte».