Pubblicato sul numero 46/1, anno 2017, di Acta Carsologica il lavoro “Basalt intrusions in paleokarst caves in the central Lessini Mountains (Venetian Prealps, Italy)” (Intrusioni basaltiche in cavità paleocarsiche dei Lessini Centrali (Prealpi Venete, Italia); link).

Grotta A, Ponte di Veja: un momento dello studio

Circa 35 milioni di anni fa le rocce carbonatiche che ora formano il plateau dei Lessini Centrali in Provincia di Verona emersero parzialmente dal mare e per i sucessivi 20 milioni di anni rimasero esposte all’azione degli agenti meteorici. Durante questo periodo ovviamente si formarono grotte, ma cavità così antiche non avrebbero potuto arrivare fino a noi se non fosse successo qualcosa di particolare e fondamentale.
Alcune di queste grotte si riempirono di terra, così fine e impermeabile da sigillare ogni condotta. Questa terra ferrosa, che noi chiamiamo ocra, impedì alle grotte di dissolversi sotto l’azione degli aggressivi processi chimico-fisici del carsismo, permettendo loro di arrivare intatte fino ai nostri giorni. Di questo abbiamo già parlato su Scintilena (link).

Il destino di altre grotte, però, fu diverso. Più o meno nello stesso periodo (Eocene finale) il plateau carsico venne tormentato da una relativamente intensa attività vulcanica i cui segni più spettacolari sono rappresentati dalle colonne basaltiche che si possono osservare ancora oggi in Val d’Alpone a San Giovanni Ilarione. I basalti fusi talvolta colarono all’interno di condotte carsiche pre-esistenti sigillandole completamente e, in modo tel tutto analogo all’ocra, salvando queste cavità dall’erosione.

Segni di paleocarsismo farcito di basalto nel veronese erano noti, ma mancava ancora uno studio sistematico. Così gli autori del lavoro sono andati a caccia di basalti in grotte, alcune frequentate da generazioni di speleologi, e sono stati fortunati.

Il problema principale è che la sola presenza di basalti non dimostra l’origine paleocarsica di una cavità. Sappiamo infatti che le grotte possono normalmente svilupparsi attorno a risalite di magma, incorporando rocce basaltiche nei propri vuoti. Un esempio eclatante è il Buso della Rana (Monte di Malo, Vicenza) le cui gallerie intercettano spesso queste rocce di origine vulcanica. Per dimostrare l’origine paleocarsica di una cavità riempita di basalti è dunque necessario trovare prove inequivocabili, e questo non è facile perché richiede di osservare con estrema attenzione i più minuti dettagli di una grotta. Che osservare sia difficile lo dimostra il fatto che in una grotta frequentata da generazioni come il Covolo della Croce (più noto come Tana delle Sponde) sia sfuggito un dettaglio importante come la presenza di un frammento di stalattite inglobato nel basalto, una prova eccezionale di carsismo pre-esistente all’attività vulcanica.

La campagna di ricerca ha riguardato alcune grotte della Provincia di Verona, tutte ben note alla speleologia locale, e ha coinvolto gli speleologi della Unione Speleologica Veronese. Sono così state raccolte prove che inducono a pensare che il paleocarsismo nei Lessini sia un fenomeno assai più diffuso di quanto sospettato fino ad ora. Sono oltre 750 le grotte note che si aprono nei Lessini e sarebbe opportuno rivisitarle tutte cercando riempimenti di ocra e basalti, o cercando morfologie inusuali. Ovviamente il compito non può essere portato avanti da un manipolo di appassionati. Ancora una volta è necessario l’aiuto di tutti gli speleologi, o almeno di coloro che non si sono dimenticati che la speleologia è un “discorso attorno alle grotte”, e che un discorso non si conclude con la scoperta e la mappatura di un nuovo pozzo.

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