La notizia è stata pubblicata ieri mercoledì 11 luglio 2007 su “L’Adige” con un articolo a firma di Paola Rosà e grazie ad alcuni volenterosi “copisti” è giunta fino a noi. l nesso con la speleologia c’è, perchè non bisogna dimenticare la vicenda farsa della distruzione del Bus del Giaz e la fine del processo senza colpevoli.
Proprio per evitare in futuro simili disattenzioni, gli speleologi se ne stanno con le orecchie dritte, e così da Trento arriva l’articolo da pubblicare sulla scintilena per dare massimo risalto a queste cose:

Articolo di Paola Rosà
Ispezioni a Vicenza dopo gli esposti dei Verdi e WWF, a rischio il collegamento con Folgaria
Acquisite le autorizzazioni per cinque piste Manca la valutazione di impatto ambientale

In altura si scava, in valle si indaga. Mentre sul monte Coston, tra i larici dei Fiorentini e le orchidee della val delle Lanze, le ruspe non hanno smesso di smottare, rimuovere, abbattere e spianare, negli uffici della Provincia di Vicenza e nella sede della Comunità Montana Alto Astico e Posina il passaggio degli ispettori della forestale sembra dar ragione agli ambientalisti e a chi considera quel carosello sciistico un oltraggio alla montagna frutto di un’ottusità Anni Cinquanta. «Finalmente la Procura si è mossa», gioisce Giampaolo Carollo, esponente dei
Verdi di Schio; «Se il sostituto procuratore Marco Peraro ha deciso di esaminare le autorizzazioni – concorda Arianna Tosoni, avvocato del Wwf – significa che ci sono fondati motivi per ipotizzare i reati da noi denunciati in questi mesi».
Secondo i numerosi esposti presentati alla Procura, le piste sarebbero state autorizzate senza il necessario piano di impatto ambientale obbligatorio per le opere che superano i cinque ettari; la norma sarebbe stata aggirata spezzettando in cinque tronconi il carosello sciistico Fiorentini-Monte Coston.
«Se il progetto nel complesso per essere realizzato ci mette più anni, la valutazione ambientale non viene fatta per tutto il progetto ma solo per la piccola parte realizzata », spiega candido Francesco Munarini, presidente della comunità montana Alto Astico e Posina.
Sullo «spezzatino», che ha permesso di ottenere cinque singole autorizzazioni su cinque diverse piste da mettere poi in rete in quello che collegandosi a Folgaria tramite Passo Coe e Costa d’Agra diventerà uno dei più estesi caroselli sciistici a bassa quota delle Dolomiti, la Procura di Vicenza ha finalmente deciso di fare chiarezza; la settimana scorsa gli agenti della forestale hanno prelevato i faldoni dagli uffici della Provincia e della Comunità montana e il sostituto procuratore Peraro ha deciso di nominare un consulente per chiarire le responsabilità, anche per verificare la legittimità dell’utilizzo di diversi milioni di euro di contributi dell’Unione Europea.
«La montagna ha bisogno di sviluppo », questa la tesi dei veneti che dalla Provincia di Vicenza e dai comuni di Lastebasse, Arsiero e Tonezza credono alla nuova alleanza impiantistica con i trentini di Folgaria; grazie ai nuovi impianti autorizzati dall’amministrazione di Alessandro Olivi, grazie ai finanziamenti della Carosello Ski di Fernando Rella, il mosaico di piloni e funivie, sbancamenti, alberghi e residence, andrebbe a formare un anello sciabile di quasi
cento chilometri di piste. Un carosello che, in una zona pregiata dal punto di vista naturalistico e storico, sembra cozzare contro la lungimiranza e ingolosire invece da subito gli imprenditori del mattone.
Delle cinque piste sul versante veneto, una aveva già attirato l’attenzione dei magistrati, che in autunno avevano posto i sigilli a un tratto disboscato illecitamente: sei persone sotto inchiesta per un ettaro devastato senza permesso.
«Il vicesindaco di Lastebasse ci aveva detto di scavare laggiù», si erano giustificati gli operai. Ma quell’angolo di paradiso dove si alternano le proteste degli ambientalisti è tornato sotto la lente della Procura di Vicenza: oltre alla mancata valutazione di impatto ambientale, c’è da verificare il rispetto della legge 78 del 2001, una norma che tutela il patrimonio storico dei forti, delle trincee e delle grotte della Grande Guerra. Patrimonio decisamente
compromesso da impianti di risalita e canalizzazioni per l’innevamento artificiale.

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