Di Alessandra Ressa, foto di copertina di E. Fasil

L’acquedotto Teresiano da oggi collega ufficialmente il centro cittadino al cuore del Carso triestino.

Le sue gallerie, nel quartiere di San Giovanni, sono state ricollegate com’erano in origine alle remote profondità carsiche all’altezza della cava Faccanoni.

Foto di R. Bruschi

Così come era stato scavato oltre due secoli e mezzo fa dagli ingegneri dell’imperatrice Maria Teresa durante l’impero austroungarico nell’intento di captare le falde acquifere sotterranee e chissà, forse anche di raggiungere l’ambito Timavo, l’acquedotto Teresiano è divenuto finalmente accessibile nella sua integrità fino alla fine di quella lunga galleria, quasi duecento metri, denominata  Tschebull dal nome di uno dei suoi progettisti, la cui esplorazione ha presentato per mesi non pochi ostacoli per gli speleologi della Società Adriatica di Speleologia.

Frane, allagamenti, materiale detritico, perfino depositi di argilla e fango così profondi da sembrare vere e proprie sabbie mobili non hanno però scoraggiato le squadre di lavoro della SAS, che dallo scorso autunno, da quando cioè è stato aperto il primo varco della Tschebull rendendone percorribile un lungo tratto per la prima volta dopo oltre un secolo, hanno continuato ad avanzare, metro dopo metro, spesso immersi in acqua e fango fino al collo, per raggiungere il punto ufficiale di arresto dell’ultima galleria rimasta inesplorata.

Qui, dove essa si allontana dal trafficato rione per raggiungere la profondità e il silenzio del Carso, è dove gli speleologi hanno potuto finalmente ammirare con i propri occhi l’abbraccio tra il flysch, la roccia su cui posa la città di Trieste, e il calcare che regge il suo altopiano.

Una transizione tanto affascinante quanto rara da vedere, in particolar modo in una cavità artificiale, che rappresenta una straordinaria ricchezza dal punto di vista geologico.

Ma non è tutto, perchè quest’ultima frontiera, potrebbe non essere la fatica finale degli speleologi.

Foto di S. Masè

Nella parte terminale del calcare infatti sono state rinvenute alcune piccole cavità che saranno oggetto di future indagini.

Esse infatti potrebbero rappresentare dei passaggi verso grotte ancora inesplorate. 

Questa importantissima scoperta, con le sue implicazioni per future esplorazioni, è stata divulgata oggi a Trieste nel convegno “Le acque nascoste di Trieste”, organizzato dalla Società Adriatica di Speleologia in collaborazione con il Comune di Trieste presso la sala Luttazzi del Magazzino 26, nel Porto Vecchio.

L’incontro è stato non solo occasione per fare il punto sugli ultimi risultati delle esplorazioni sotto la città, ma anche per approfondire i numerosi aspetti dei sotterranei cittadini legati all’acqua: da quelli storici a quelli di ricerca e archiviazione, fino a quelli faunistici.

Foto di E. Fasil

Lo storico e speleologo Paolo Guglia, autore di numerosi libri dedicati alla Trieste sotterranea ha presentato una panoramica sui luoghi ipogei cittadini legati all’acqua.

A seguire l’intervento di Adelio Paladini, dedicato all’importanza dell’archivio tecnico disegni del Comune di Trieste in relazione alle ricerche sul campo relative agli antichi manufatti idraulici.

Nel corso di questo intervento, particolare attenzione è stata data ai fontanoni di Trieste, e nello specifico a quelli di via della Zonta e Nuova Dogana.

Nicola Bressi, zoologo del Civico museo di storia naturale di Trieste, ha quindi parlato del rapporto fra il sottosuolo e gli animali che lo popolano.

A seguire, il presidente della Società Adriatica di Speleologia Marco Restaino ha rivolto l’attenzione nello specifico agli acquedotti, dall’antichità ad oggi e sul rapporto della città con l’acqua. Restaino ha quindi lasciato la parola all’intervento più atteso, ovvero l’acquedotto Teresiano e le sue recenti scoperte, a cura di Leda Cipriani. 

Foto di P. Rovis

ESPLORAZIONE E RECUPERO DELL’ACQUEDOTTO TERESIANO

I lavori di recupero dell’acquedotto Teresiano sono iniziati per volontà e caparbietà di un gruppo di speleologi volontari della SAS nel 2018.

Dopo centinaia di uscite di esplorazione e scavi, già nel 2022 è stato possibile ripercorrere gran parte delle lunghe gallerie dell’acquedotto, liberate con tenacia e dedizione da acqua e detriti, oltre una quarantina di metri cubi I materiali che sono stati demoliti e asportati interamente a forza di braccia, che negli anni le avevano quasi completamente ostruite.

Dopo aver liberato metà della struttura sotterranea, i lavori sono proseguiti nel 2023 con la messa in sicurezza di un tratto di galleria il cui passaggio era impedito da una imponente frana.

Attraverso questo nuovo passaggio, è stato finalmente possibile collegare ed accedere per la prima volta dopo oltre un secolo alla galleria denominata Tschebull, divenuta percorribile per circa 400 metri.

Sommati ai tratti di acquedotto già liberati, si era così giunti ad oltre un chilometro di sotterranei praticabili. Ma anche la galleria Tschebull dopo I primi 400 metri presentava un ostacolo che impediva la prosecuzione delle esplorazioni: un’altra frana.

Ora, dopo quasi un ulteriore anno di lavoro, proprio in questi giorni il passaggio è stato reso agibile ed ha rivelato nuove, eccezionali scoperte.

Attraverso un malagevole passaggio, si è potuti procedere per alcune decine di metri, in un nuovo tratto di galleria parzialmente allagata.

Da qui un ulteriore restringimento, poi allargato, ha aperto la strada all’ultima frontiera esplorativa dell’acquedotto Teresiano. “Dell’esistenza di questo tratto – spiega Riccardo Mincigrucci, della squadra esplorativa SAS – vi era già traccia grazue ad un progetto ritrovato grazie alla collaborazione con l’archivio tecnico disegni del Comune di Trieste.

Su questa antica mappa – ha raccontato Mincigrucci – compariva una prosecuzione che di addentrava per quasi 200 metri rispetto al limite raggiunto nel 2023”.

A confermare quanto indicato dalla mappa anche un vecchio articolo di giornale dell’inizio del secolo scorso che parlava dello scavo attestandone di fatto l’esistenza.

Grazie a queste indicazioni e alla tenacia degli speleologi dell’Adriatica, ed in particolare Silvio Masè, Riccardo Mincigrucci, Leda Cipriani e Raffaele Bruschi, quella galleria è stata finalmente percorsa nella sula totalità dopo oltre un secolo. 

La galleria, nella sua suggestiva parte finale, dove il flysch incontra la roccia calcarea, al momento si presenta quasi totalmente invasa dall’acqua ma I futuri interventi provvederanno ad abbassarne il livello. “La volontà dei cercatori d’acqua sino ai primi del 1900 – ha spiegato Leda Cipriani – era quella di proseguire gli scavi di queste gallerie in direzione del cuore del Carso, per far confluire le acque del Timavo o di falda fino alla città, sempre più popolosa ed assetata in quegli anni di grande sviluppo economico e commerciale.

A quel tempo però – ha proseguito Cipriani, – la situazione idrologica sotterranea era ancora unincognita, e quegli ultimi 150 metri scavati nel calcare furono letteralmente un ‘buco nell’acqua’ , poichè l’acqua non si trovò. Oggi sappiamo che la falda carsica si trova a decine di metri più in basso rispetto alle gallerie del Teresiano e che quindi è impossibile captare le acque di falda del Timavo”. 

Quello che resta però è probabilmente l’unico esempio di galleria che entra nel flysch, raggiunge e atraversa I calcari, un laboratorio geologico unico.

Quello che dalla superficie è stato finora solo ipotizzato – ha detto Silvio Masè, speleologo ed esploratore della SAS – oggi potrà avere riscontro con gli studi in questa galleria. Essa è come un libro aperto sulla geologia del nostro territorio, in cui le pagine sono gli strati che oggi possiamo leggere, a più di 100 metri di profondità”. 

Tra gli strati sono stati rinvenuti alcuni partcolari fossili che verranno a breve analizzati.

Nei calcari inoltre gli speleologi hanno potuto accertare la presenza di alcune piccole cavità che saranno oggetto di di future indagini.

Non si esclude infatti che possano essere gli indicatori di prosecuzioni che a loro volta potrebbero condurre a grotte ancora inesplorate. 

Questa galleria – ha concluso Raffaele Bruschi, della squadra esplorativa SAS – è la fine di un lungo ciclo di lavori ed esplorazioni, ma è anche l’inizio di nuovi studi e ricerche!

In questo periodo abbiamo portato a termine diversi ambiziosi progetti esplorativi – ha aggiunto Marco Restaino, presidente della Società Adriatica di Speleologia – non ultimo questo straordinario ultimo risultato all’acquedotto Teresiano. Nonostante la fatica e il tempo che dedichiamo all’esplorazione, sia nelle cavità naturali che artificiali, l’appagamento che segue, fatto di ricerca e nuove conoscenze, ci fa andare sempre avanti. Oltre ad essere un laboratorio sotterraneo unico sul territorio oer lo studio degli aspetti geologici ed idrologici – ha concluso Restaino – va sottolineato che in quell’acqua che ancora scorre sotto I nostri piedi, è scritta la storia della nostra città”.