Un team di esperti svela ulteriori tracce di una comunità protostorica che viveva in un villaggio di palafitte all’interno delle misteriose caverne carsiche
Nel cuore del Parco nazionale del Cilento e Vallo di Diano, nei pressi dei borghi di Pertosa e Auletta, le omonime grotte hanno restituito nuove e importanti evidenze speleo-archeologiche.
Queste cavità, note per la presenza di un giacimento archeologico di eccezionale importanza sin dalla fine dell’800, conservano i resti di una palafitta di età protostorica risalente a circa 3500 anni fa.
Grazie allo svuotamento dell’invaso idrico artificiale creato dalla diga costruita nel 1907, a gennaio 2024 è stato possibile ritornare nella spelonca e scoprire ulteriori tracce della comunità protostorica che viveva nelle grotte di Pertosa-Auletta.
Questa scoperta è stata resa possibile dalla sinergia tra la Società IREN, la Fondazione MIdA e l’équipe del Centro Regionale di Speleologia “Enzo dei Medici”, con la regia della Sabap, la “Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Salerno e Avellino”.
L’archeologo Lorenzo Mancini (Sabap) ha sottolineato che la principale novità dell’intervento effettuato nelle grotte di Pertosa-Auletta consiste nell’aver documentato la notevole estensione dell’insediamento palafitticolo dell’età del Bronzo Medio-Recente.
Questo insediamento, come spiegato dall’archeologa Simona Di Gregorio (Sabap), si addentra per diverse decine di metri al di là del limite dell’ante-grotta, ossia al di là di quel settore nel quale la luce del sole penetra naturalmente.
Ma cosa spinse questa comunità protostorica ad abbandonare la luce del sole e adattarsi a vivere su palafitte, nelle profondità tenebrose di quelle grotte?
Secondo Mancini, l’attrazione esercitata dalla grotta e dalle possibilità economiche offerte dallo sfruttamento delle acque correnti ha vinto la naturale riluttanza dell’uomo ad abbandonare la “comfort zone” illuminata dalla luce diurna.
Queste modalità di occupazione stabile dello spazio ipogeo non trovano per il momento confronti, almeno per questa fase cronologica, in altri siti in grotta.
Le attività alimentate dallo sfruttamento delle acque della grotta includevano la lavorazione di materie prime animali, il lavaggio e la tosatura degli armenti, la macellazione delle carni e la produzione e conservazione di derivati del latte.
Inoltre, il rinvenimento di frammenti di ceramica impressa, riferibile al Neolitico, rivela una frequentazione delle grotte di Pertosa Auletta risalente molto indietro nel tempo.
Questa comunità umana, capace di vivere in grotte profonde e in una simbiosi con l’acqua a cui si attribuivano significati apotropaici, ha lasciato tracce di una frequentazione cultuale connessa alla presenza di acque correnti che fluivano dall’oscurità misteriosa della grotta.
Tra i reperti più significativi emersi dall’intervento di quest’anno, vi è una folgore votiva in bronzo che era stata deposta in una fenditura della parete rocciosa normalmente al di sotto del livello delle acque.
Le grotte di Pertosa-Auletta continuano a rivelare i loro segreti millenari, offrendo agli archeologi e agli appassionati di storia un’opportunità unica di esplorare il passato e comprendere meglio le origini delle civiltà umane.
Fonte: https://www.cittanuova.it/nelle-grotte-di-pertosa-auletta-una-civilta-risorge-dalle-tenebre/
interessante questi popoli perché dovevano frequentare posti così?Ma forse per difesa?Forse avevano capacità visive che a noi sfuggono?Misteri.