Da molti tempo, e in particolar modo in questi ultimi mesi del 2008, dopo la designazione di Milano quale sede dell’EXPO universale, amministratori, organi di comunicazione e associazioni cittadine stanno vagliando progetti per la salvaguardia e il ripristino dei Navigli Milanesi, autentico patrimonio di ingegneria civile che ha condizionato lo sviluppo e la vita dell’intera città.

La maggior parte dei cittadini è all’oscuro della situazione “acque” nel sottosuolo milanese, se non quando la falda acquifera con i suoi innalzamenti crea problemi di allagamento e umidità ai parcheggi sotterranei. Eppure Milano, per chi ancora non lo sapesse, rimane una città d’acque; acque che continuano a scorrere nel suo sottosuolo lungo una rete fittissima di canali anche molto antichi e corsi d’acqua di cui alcuni dimenticati e di cui non si conosce lo stato di conservazione.
Lo SCAM, che da più di vent’anni si occupa di ricerche nel sottosuolo milanese, da sempre ha rivolto la propria attenzione anche a tutte quelle cavità artificiali preposte alla canalizzazione e allo smaltimento delle acque. Milano è una città, al pari di Roma e Napoli e di altre capitali europee, ricca di testimonianze storiche e artistiche presenti nel sottosuolo e che giacciono nel più assoluto degrado. L’esplorazione fotografica di oggi, domenica 14 giugno, ha il fine di portare alla luce una situazione insostenibile e paradossale, soprattutto nel momento in cui si vagliano progetti dispendiosi e arditi di ripristino di parte dei Navigli, dimenticando dunque i “tesori” del sottosuolo e quello che si potrebbe certamente salvare e valorizzare, anche a fini culturali e turistici. Questo argomento Gianluca Padovan e Ippolito Edmondo Ferrario lo hanno trattato nell’ultimo libro “Milano Sotterranea e Misteriosa” (Mursia Editore, 2008).

Domenica, 14 giugno 2008, alle ore 8.30 del mattino gli speleologi Gianluca Padovan e Davide Padovan, accompagnati dal giornalista-scrittore Ippolito Edmondo Ferrario e dal fotografo Giacomo Boschi hanno esplorato il primo tratto coperto del fiume Olona nei pressi del bacino milanese della Darsena, che fino ad alcuni decenni fa era il quinto porto fluviale italiano per tonnellaggio di navi. Ad esempio negli anni Venti del secolo scorso il traffico alla Darsena di Porta Ticinese continuava ad aumentare parallelamente allo sviluppo edilizio della città. Il numero di imbarcazioni, più di settanta al giorno, nel 1936 superava quello di porti affermati come quelli di Brindisi, Bari e Messina, anche se si trattava di imbarcazioni di modesta portata (40/80 tonnellate) L’attuale situazione dell’intera struttura è caratterizzata dal peggiore degrado in termini igienico sanitari nonché di manutenzione della stessa che è apparsa agli speleologi praticamente abbandonata a sé stessa. L’area prospicente all’imboccatura del canale che scorre sotto Viale Papiniano è divenuta un ricettacolo di rifiuti. Durante la fase di preparazione dell’attrezzatura e di vestizione, all’ingresso del canale gli speleologi hanno potuto documentare fotograficamente come gli scavi archeologici presenti in Darsena siano stati abbandonati da tempo e divenuti così ricovero per senzatetto, discarica di rifiuti solidi urbani, luogo di abbandono di merce scippata (borse e portafogli), nonché zona frequentata anche in pieno giorno da numerosi eroinomani.

Gli speleologi hanno dunque percorso circa duecento metri del canale sotterraneo nel cui letto giacciono montagne di rifiuti la cui presenza pone numerosi dubbi circa la lo stato di manutenzione dell’intera struttura; i rifiuti rinvenuti (tonnellate di copertoni di automobili, bottiglie di vetro, materiale plastico ecc) sono certamente presenti da molto tempo sul fondo del canale e costituiscono un ammasso melmoso che potrebbe rappresentare un problema anche dal punto di vista sanitario. Gli speleologi sono avanzati in questa massa semisolida, andando a individuare un antico ponte voltato in mattoni, attualmente coperto dall’asfalto del manto stradale e tratti delle mura spagnole e che in alcuni tratti sono state risparmiate dal cemento. L’esplorazione è durata circa due ore durante le quali è stata accertata la presenza di fauna autoctona (aracnidi, conchiglie d’acqua dolce, sanguisughe ecc). Nell’occasione non è stata rilevata, se non sporadicamente, la presenza di ratti, in una galleria laterale di accesso che conduce ad un collettore fognario. Al termine delle operazioni, gli speleologi, camminando tra le macerie che occupano il fondo della Darsena nei pressi di Piazza XXIV maggio, hanno rinvenuto tra i rifiuti alcuni cocci di ceramica graffita ingubbiata sotto vetrina databile dal XV al XVII secolo.

Per informazioni:
Associazione Speleologia Cavità Artificiali Milano
Via Pellegrino Rossi 14
Milano

www.associazionescam.it

www.milanosotterranea.com

http://www.teses.net/catasto/index.htm

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